Si apre al pubblico il 25 marzo presso il prestigioso
Musée du Luxembourg di Parigi
la mostra “Filippo et Filippino Lippi. La Renaissance à Prato”.La mostra, promossa dalla
Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici,
Artistici ed Etnoantropologici per le province di Firenze, Pistoia, Prato e dal
Comune di Prato , si propone di presentare i maggiori capolavori del Rinascimento pratese attraverso le opere di due tra i
più importanti artisti italiani dell’epoca: Filippo Lippi e suo figlio Filippino. L’esposizione
racconta, con una doviziosa ricchezza di opere, un periodo di eccezionale splendore della città di
Prato, documentandone la stagione artistica più originale. Curata da
Cristina Gnoni Mavarelli, storica dell’arte per la Soprintendenza e Maria Pia Mannini ,
conservatrice del Museo Civico di Prato, ed organizzata da
sVo-Musée du Luxembourg
in collaborazione con Contemporanea Progetti di Firenze, la mostra nasce con l’obiettivo di
presentare le novità artistiche sperimentate dai due artisti e l’influenza sui pittori, a loro
contemporanei e successivi, del territorio fiorentino. A questo scopo “
Filippo et Filippino Lippi. La
Renaissance à Prato”
rivela, accanto ai capolavori dei due maestri, le principali opere d’arte dei
loro collaboratori, tra cui
Fra Diamante e Domenico di Zanobi, e di celebri pittori dell’Età della Maniera, quali Ridolfo Bigordi detto del
Ghirlandaio e Santi di Tito, capaci di testimoniare l’influenza e la fortuna della sperimentazione lippesca. “Dalla mostra – spiega la curatrice
Cristina Gnoni Mavarelli – emerge lo straordinario rinnovamento linguistico apportato da Filippo Lippi
nell’ambiente pratese, denso di premesse per gli artisti successivi, a partire dal figlio Filippino a
Botticelli, fino allo stesso Michelangelo”.
Filippo Lippi , con il figlio Filippino, nato a Prato nel 1457, sono infatti al centro di un avvincente
intreccio culturale nel passaggio dalla pittura del Quattrocento a quella del secolo successivo,
evidente nella vivacità di rapporti politici e artistici che legano Prato a Firenze. La città di Prato del
XV e XVI secolo è profondamente legata al capoluogo toscano, risultando condizionata dai suoi
riflessi culturali e artistici. E tuttavia la terra di Prato, forte della sua identità e orgogliosa all’ombra
del Palazzo Pretorio, è capace di affermarsi come centro artistico cruciale, rivelandosi una delle
officine d’opere e di talenti più vitali e innovative del Rinascimento e, per questo, analizzabile con
gli stessi metodi e dinamiche delle grandi città d’arte italiane.
In questo contesto Filippo Lippi, frate carmelitano, tenne dal 1452 al 1466 la bottega a Prato e
lavorò alla decorazione a fresco della tribuna del Duomo, unanimemente riconosciuta come uno dei
vertici del Rinascimento; appassionato e dal temperamento irrequieto, visse una vita piuttosto
dissoluta, in contrasto con la disciplina del suo ordine, protetto dal suo mecenate
Cosimo il
Vecchio
. Amò la bellezza e la vita nella sua totalità, passioni rintracciabili nella sua ritrattistica,
sublime per l’intensità dei volti e nitidezza dei profili. “
Ogni dipintore dipinge sé – commenta lacuratrice Maria Pia Mannini a proposito di Filippo, citando a sua volta Cosimo il Vecchio – e in
questo complesso gioco di specchi celebra il suo temperamento, eccessivo e insofferente di regole”.
Filippino
, nato dall’unione di Filippo con la monaca Lucrezia Buti, modella immortale dei suoi
dipinti, cresce a Prato a stretto contatto con il lavoro del padre, dove ancora giovanissimo,
manifesta il suo talento. Celebre è il giudizio di Giorgio Vasari che definì l’artista di “bellissimo
ingegno e di vaghissime invenzioni”. Nel 1472 è documentato il rapporto di Filippino con
Botticelli
; il giovane Lippi si forma presso la bottega di Botticelli, il quale, a sua volta,
precedentemente aveva effettuato il discepolato presso Fra Filippo. Questa compenetrazione
stilistica spiega tra l’altro la simbiosi di linguaggi che legano l’arte di Filippino a quella del
Botticelli, nonostante le evidenti differenze legate alle singole personalità. Le Madonne di Filippino
partono dunque dai modelli di Lippi padre, esprimendo tuttavia già le tensioni mistico-religiose
dell’ultimo quarto di secolo, dominato dalla figura del Savonarola. La sua pittura, carica di risvolti
esoterici, ha esercitato una grande influenza sui contemporanei, soprattutto nell’uso delle
grottesche, aprendo la strada alla Maniera.
La mostra presenta una selezione di
51 opere , tra tavole, affreschi staccati, oreficerie e sculture in
marmo e terracotta, provenienti da molti celebri musei italiani, tra cui il
Museo Civico – prestatore
di 23 opere – e il
Museo dell’Opera del Duomo, entrambi di Prato, la Galleria degli Uffizi di
Firenze, ma anche esteri, come il
Musée Thomas Henry di Cherbourg-Octeville.