Prato: Piergiorgio Branzi

fino al 14.II.2010
After Utopia / Piergiorgio Branzi
Prato, Museo Pecci

Le opere degli artisti più rappresentativi della scena artistica brasiliana odierna. Un’utopia che si risolve dando forma all’identità del paese sudamericano. Accanto ai raffinati scatti di Branzi…

 

 

Le opere allestite negli spazi del Pecci si presentano come espressioni di un’identità brasiliana scevra da ogni stereotipo addottole dalla cultura europea, in contatto con la propria immagine originaria. L’esposizione prende ispirazione da Brasilia, una delle più grandi utopie concepite dall’uomo, “posto senza luogo che ha visto una élite diventare un centro di potere reale”. L’ultimo progetto a essa legato dell’architetto Oscar Niemeyer costituisce qui contemporaneamente il punto di partenza e il suo stesso superamento.
Le opere esposte rappresentano un’unità spazio-temporale finalmente svincolata dalla precedente utopia modernista. È un’estetica che rivendica l’affermazione di utopie particolari, attraverso l’operare artistico che è un comunicare universale. Artefici di questo processo sono, fra gli altri, Waltercio Caldas, Cildo Meireles e Laura Vinci. Con After Utopia, per utilizzare le parole del curatore Atto Belloli Ardessi, “si vuole superare l’usura strategica di un significato, per indicare la precisa possibilità visionaria dello scenario contemporaneo dell’arte brasiliana”.
Vige una supremazia formale nelle ricerche degli artisti presentati. Si assiste a diversi approcci e tentativi di plasmare la realtà attraverso un processo speculativo in cui il sogno di un miglioramento delle condizioni sociali generali forgia costantemente lo sviluppo dell’immaginario. Legno, mattoni, metallo: sono questi i materiali che prevalgono in questo farsi spazio di un’identità estetica di un Brasile che non può esimersi da quell’esigenza di fondo, matrice dei suoi sogni futuri e passati, che sfocia nel termine di una necessità utopica.

Ak 47
(2009) di André Komatsu, una struttura in mattoni che si erge fino a sfiorare il soffitto, è presenza e accenno di un mondo in cui sia possibile gettare le fondamenta per la propria sicurezza. Opera, quest’ultima, che costituisce un’ipotetica risposta a Nas Quebradas (1979) di Hélio Oiticica, che conduce “su per le stradine” di una favela in un sentiero di sassi in cui lo spettatore scivola e affonda, già testimone di una realtà in corso che anela al proprio superamento.
Le Sale Biblioteca ospitano invece una selezione delle fotografie di Piergiorgio Branzi (Firenze, 1928) dagli anni ‘50 a oggi. L’artista si avvicina alla fotografia – “idea proiettata sulla carta”, come lui stesso la definisce – dopo aver visto a Firenze nel 1953 una mostra di Henri Cartier-Bresson. L’esperienza giornalistica da inviato lo ha portato nel corso degli anni ‘60 prima in Russia, poi a Parigi, dove continua a sentirsi “un vampiro in una macelleria”, continuando la sua ricerca sull’immagine. Branzi inizia poi a viaggiare per il mondo per produrre nuove idee stampate.

Se i primi lavori si caratterizzano per l’eleganza di una forma che ricerca l’equilibrio tra il rispetto della tradizione e il suo possibile superamento, le ultime opere si aprono al gioco caleidoscopico della visione, allontanandosi dalla composizione del quadro. Per indagare nel dettaglio l’oggetto/mondo/paesaggio.

 

laura poluzzi per exibart

Prato: Piergiorgio Branziultima modifica: 2009-11-19T09:57:00+01:00da minobezzi1
Reposta per primo quest’articolo