Vecchiano (PI): Dopo l’alluvione, tutto un lago?

Federico Gasperini perr greenreport

Con un occhio al cielo e uno al lago di Massaciuccoli che allo stato attuale non sta aumentando di livello, continua l’opera frenetica di ricostruzione dell’argine sul Serchio nella frazione di Nodica (comune di Vecchiano) per colmare lo squarcio creato dalla rottura verificatesi nel giorno di Natale. I tecnici della provincia di Pisa insieme ad esercito e volontari hanno posto una massicciata per formare una prima barriera. L’obiettivo è quello di arrivare, entro domani sera, dunque prima della prevista nuova piena, ad innalzare tale barriera di massi fino all’altezza della golena. In questo modo i tecnici di Protezione civile e provincia di Pisa ritengono che di fronte ad una piena non superiore ai 750 metri cubi di acqua al secondo, la massicciata dovrebbe scongiurare il rischio di una seconda esondazione. Queste le ultime notizie dai luoghi colpiti.

Greenreport continua gli approfondimenti in merito agli eventi alluvionali che stanno interessando buona parte della Toscana. Dopo Legambiente è stata sentita l’opinione del  Wwf e del Cirf (Centro italiano riqualificazione fluviale).   

Per l’associazione del Panda è stato interpellato Marcello Demi presidente del Wwf Toscana.

Cosa pensa degli eventi alluvionali che hanno colpito la nostra Regione in questi giorni?

«Fenomeni eccezionali ci sono sempre stati e sempre ci saranno: combattere l’eccezionalità non è facile e ogni persona ragionevole deve evitare di cedere alla tentazione di dettare facili soluzioni. Questi però sono momenti che invitano a riflettere sul motivo per cui tali eventi catastrofici appaiano sempre più frequenti e dannosi, e su quale sia il valore preventivo che certe scelte possono avere nell’attenuarne o amplificarne gli effetti. In primo luogo dovremmo accettare che la logica del rapporto di forza con la natura è di per se perdente».

Le rotture degli argini verificate sul Serchio, sono un evento eccezionale poco prevedibile o evidenziano una scarsa manutenzione e controllo delle opere idrauliche anche per carenza di risorse da destinare a questa funzione?

«La rottura dell’argine del Serchio è un evento che indubbiamente sorprende per la sua portata. Tuttavia il problema non è la mancanza di interventi di manutenzione delle opere idrauliche, anzi! Se qualche parola va spesa in questo senso è necessario esortare molti consorzi di bonifica a ripensare sostanzialmente il loro approccio alla gestione degli argini e dei pochi spazi liberi residui attorno ai bacini fluviali, per non sacrificare del tutto gli ecosistemi che convivono con le opere idrauliche e che concorrono alla loro stessa funzionalità».

La situazione che si sta verificando in Lucchesia come in provincia di Prato ed in altre aree della Toscana secondo il Wwf potrebbe essere conseguenza di errate gestioni degli ecosistemi fluviali, del reticolo minore e di una scarsa attenzione al territorio in generale?

«Come ho detto, molti dei problemi generati da eventi naturali catastrofici come quello a cui stiamo assistendo derivano da una scelta di base errata, per altro non recente: quella di governare le acque in una logica di rapporto di forza. Una gestione oculata del territorio boscato e del reticolo minore per lo scolo delle acque può ridurre significativamente il rischio di piene eccezionali e devastanti, ma non lo può eliminare del tutto. A esondazione ormai avvenuta gli argini e le idrovore sembrano la sola risposta possibile, ma è nella corretta gestione del più vasto sistema perifluviale che si possono approntare le sole, vere ed efficaci misure per prevenire certi fenomeni, o almeno per scongiurarne le conseguenze peggiori».

Veniamo alle soluzioni. Bertolaso ha affermato che è giunta l’ora di mettere a sistema la sicurezza del territorio e il presidente Martini ha invocato la necessità di risorse economiche che deve impegnare principalmente lo Stato centrale. Non c’è dubbio che i soldi siano necessari ma devono essere bene impiegati. Quali sono le proposte del Wwf?

«La gravità di una catastrofe naturale dipende in primo luogo dallo stato di salute del territorio sul quale insistono i fattori di rischio. Purtroppo la maggior parte delle pianure alluvionali, spazi destinati per loro stessa natura ad assecondare in modo non traumatico la dinamica naturale dei corsi d’acqua, è oggi letteralmente saturata da infrastrutture di ogni tipo, che costringono l’acqua di fiumi, laghi, fossi e stagni a muoversi in un reticolo sempre più serrato e disordinato di edifici, strade, massicciate ferroviarie e argini artificiali. Come se non bastasse, i pochi spazi vitali rimasti vengono spesso gestiti e vissuti alla stregua di prati sterili o di giardini condominiali, senza alcuna considerazione del valore protettivo, oltre che ambientale ed estetico, della vegetazione ripariale spontanea».

Quindi quali sono le possibili soluzioni?

«Quando la situazione non sia del tutto compromessa, due sono le strategie che non possiamo più esimerci dal mettere in pratica. La prima: pianificare una gestione ordinaria degli argini e delle pianure che garantisca la conservazione di una minima “fascia di rispetto” sul margine dei bacini, senza costruzioni, né impermeabilizzazioni, rettificazioni o alterazioni forzate degli alvei, né sfalci indiscriminati (“puliture”) della vegetazione. La seconda: dare seguito ai tanti progetti di cassa di espansione naturale che al momento sono fermi sulla carta. In passato la bonifica ha fornito all’uomo nuove terre da coltivare: oggi molte di queste possono e devono essere rinaturalizzate ed adibite a spazi liberi per accogliere le acque di piena sviandole dai centri abitati».

In queste ore l’attenzione è tutta rivolta al lago di Massaciuccoli, visto che specialmente in caso di condizioni meteo particolarmente avverse rischia di esondare. Su quest’area umida il Wwf da tempo ha avanzato proposte anche per una diversa gestione.

«Infatti. E’ il caso di sottolineare come il bacino del Massaciuccoli sia, ormai da troppi anni, gestito con una artificialità forzata che proprio in questi giorni sta mostrando i suoi limiti. Intorno al Lago, che è stato ridotto dalle bonifiche a un bacino arginato, c’è un terreno profondo come e più del Lago, più grande del Lago stesso, mantenuto artificialmente asciutto dalle idrovore! A causa della subsidenza causata dalle idrovore, le stesse devono pompare sempre più acqua (dolce), causando ulteriore abbassamento dei terreni e richiamando acqua salata. E’ chiaro che la soluzione non può essere quella di alzare le arginature (che si abbassano insieme al terreno circostante) per evitare che il Lago straripi nel terreno che una volta faceva parte del lago. Bisogna cominciare a pensare di dover restituire definitivamente parte dei terreni al lago altrimenti i costi a carico della collettività sono destinati solo a crescere».

 
Vecchiano (PI): Dopo l’alluvione, tutto un lago?ultima modifica: 2009-12-30T17:44:57+01:00da minobezzi1
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