Viareggio (LU): Adolfina De Stefani

Contaminazione

Gli interventi oggettuali e performativi di Adolfina De Stefani hanno una peculiare impostazione: all’interno di una forte autoreferenzialità, muovono da una -critica’estetica radicale partendo dal concetto del colore.

Sia negli interventi a carattere performativo che nelle installazioni si osservano le seguenti qualità:
1. gli oggetti non vengono mai rappresentati nella loro completezza.
2. il loro carattere e’ quello di una sigla, di un SINTOMO di realtà, riconducibile alla loro esistenza, ma non alla loro rappresentazione. L’oggetto vive della sola -indicazione’ dell’artista. L’operatore, l’artista, nomina l’oggetto e ne dà un minimo riferimento metaforico o metonimico.
3. il carattere dell’oggetto e’ indicato con un colore. Linguisticamente parlando, si tratta di formulazioni sintetiche, identificative come -segnali’ autoreferenziali. Anche la catalogazione degli -Arcani- dei Tarocchi procede con pochi colori, di cui i principali sono il rosso, il bianco, il nero, altrettante -sigle’ corrispondenti a tre fasi dell’energia cromatica . Il bianco somma di tutti i colori, il rosso con la frequenza d’onda maggiore di tutto lo spettro, il nero l’assorbimento di tutto lo spettro.

Sono colori scelti anche qui per sottrazione, sulla base di un’essenzialità che non corrisponde ad uno stato d’animo, bensi’ intende suscitare un’emozione riconducibile ad una percezione primaria che fa riferimento alla simbologia del colore ( il bianco, la purezza, il vuoto che contiene il Tutto, il nero l’assertività di una dichiarazione dell”esserci’, il rosso la vitalità corrente, l’energia, il sangue). Il colore non e’ oggettivo, ma altamente relativo, selettivo, si dà per sottrazione di senso. E’ l’intervento dell’artista, performativo, che attribuisce al brano un valore linguistico identificando il vuoto, l’assenza con la struttura dell’oggetto o con lo schema gestuale dell’azione. Il bianco, in tal modo, e’ testimonianza di quel vuoto in cui si colloca la partecipazione di un’umanità troppo distante.

-Se sotto una certa illuminazione tutto sembrasse dar sul bianco, noi non concluderemmo che la fonte luminosa deve apparire bianca-: una frase di Wittgenstein che sembra echeggiare in questo spazio vuoto in cui i cappelli bianchi, cosi’ come gli alberi delle installazioni e delle performance, nella loro natura plastica del plexiglas, sono presenze -segnalate’dall’interprete e come additati allo spettatore. Le scarpe pongono alla coscienza l’idea dell’assenza del procedere, cosi’ come il cappello pone la metafora della lontananza dell’attività cerebrale, della consapevolezza- dunque e’ la metonimia del contenente per il contenuto che ci dà la misura dei simboli. L’assenza dell’umanità mi pare un altro aspetto caratterizzante l’attività artistica di De Stefani, dove, sottaciuta, e’ una critica alle fondamenta della nostra società, che trascura l’umanizzazione dell’individuo svuotando la natura del suo contenuto-sangue per prediligere il cieco avanzamento verso un vuoto che non e’ tanto esteriore quanto interiore.

Il distacco tra natura ed umanità non e’ tanto in una disillusione rispetto ai contenuti, quanto proprio, al contrario, nell’assenza dell’azione individuale, in quel vacuum di assunzione di responsabilità : azione individuale che l’artista si assume, invece, attraverso l’atto performativo. Nella continuità del bianco e’ implicita la possibilità di ogni azione ulteriore-questo metro e’, in definitiva, la vera chance che, linguisticamente, esteticamente, ci viene consentita.

Laura Mare
2010

La frase di L.Wittgenstein e’ tratta dal testo: Osservazioni sui colori, Einaudi, 1982 (introduzione di A. Gargani).

Maffei Arte Contemporanea
Via del Signore, 3 – Viareggio (LU)
Dalle 17.00 alle 19.00 tutti i giorni escluso lunedi
Ingresso libero

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Viareggio (LU): Adolfina De Stefaniultima modifica: 2010-02-28T09:44:22+01:00da minobezzi1
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