Carrara: La storia della Ferrovia Marmifera

Nei tempi antichi il trasporto dei blocchi di marmo dalle cave alla costa è fatto su carri trainati da buoi, in epoca romana i carri raggiungono il porto di Luni che è il più importante della costa e relativamente vicino alle cave, in seguito quando dopo il Medio Evo riprendono i commerci i carri raggiungono la spiaggia di Lavenza dove i marmi sono caricati sulle navi da trasporto. Non a caso la strada principale che collega le cave alla marina ha preso il nome di Via Carriona.
Carrara e Via Carriona, in questi toponimi c’è il destino di una città, attraversata incessantemente per secoli, dai carri che scendono per la via Carriona carichi di blocchi di marmo e che la risalgono vuoti per nuove spedizioni.
Nel 1845 Francesco IV, Duca di Modena, concede al conte Del Medico l’autorizzazione a studiare un progetto per realizzare una strada ferrata. Il progetto è discusso per molti anni, sono analizzate soluzioni diverse presentate da vari ingegneri ed imprenditori che vedono come da quel progetto potesse nascere un grande affare.
Passano una decina d’anni e il conte Del Medico, che nel frattempo è diventato Governatore di Massa Carrara, ottiene la concessione per la realizzazione della strada ferrata. Il conte Del Medico, a sua volta concede i diritti per l’esecuzione dei lavori all’ingegnere inglese Gambell, il quale a sua volta, cede i diritti di costruzione della strada ferrata alla società Walton Lambert Beck che è, in quel tempo, una società all’avanguardia nelle tecnologie dell’escavazione e lavorazione del marmo.
I primi lavori iniziano nel 1874 sulla base di un progetto dell’ingegner Willy Ganzoni e sono appaltati per l’esecuzione alla ditta Ferrari Prati di Sinigaglia che li esegue sotto la direzione dell’ingegner Turchi.
Nel 1876 sono inaugurati due tratti, quello che dai pontili di Marina Carrara giungeva alla Ferrovia di Stato ad Avenza e quello che dalla stazione di San Martino in Carrara proseguiva fino a Monterosso. Da Monterosso occorre ancora salire verso i “Monti della Luna”, arrivare a Miseglia, Torano e Piastra, resta da completare l’allacciamento delle valli e dei bacini di Colonnata, Ravaccione e Canal Grande.
La società Veneta di Imprese e Costruzioni porta a termine questo ultimo tratto nel maggio del 1890.
Finalmente, per mezzo di viadotti, ponti (i più famosi dei quali sono quelli di Vara a Fantiscritti) e gallerie che attraversano il cuore della “Montagna Bianca” con uno sviluppo di più di quattro chilometri, inizia la corsa della vaporiera FMC1, in seguito sostituita dalla vaporiera FMC8 a tre assi.
La linea ferroviaria detta “La Marmifera” si sviluppa per ventidue chilometri, più altri dieci di raccordi.
Nel 1944 la linea ferroviaria subisce diversi bombardamenti che provocano danni consistenti, compresa la distruzione del ponte detto “Boccalone”.
Il servizio ferroviario riprende velocemente già nel maggio del 1945, grazie allo slancio dei partigiani e di cittadini volontari che contribuiscono ad una ricostruzione rapida della ferrovia.
Negli anni successivi, però, cominciano a manifestarsi i primi segni del declino della “Marmifera”. Gli operai della società “Ferroviaria Marmifera Privata” di Carrara iniziano a scioperare, chiedendo salari più alti, mentre la crisi economica del primo dopo guerra riduce la città allo stremo. In conseguenza di questo stato di cose la “Ferrovia Marmifera” passa sotto il controllo del Comune di Carrara.
Nell’anno 1949, però, la “Ferrovia Marmifera” è messa nuovamente fuori uso dall’alluvione del 27 ottobre.
Nel frattempo la vecchia società proprietaria ha fatto causa al Comune di Carrara. La causa va avanti dal 1945 al 1953, con un susseguirsi di processi e ricorsi, per terminare nel 1953 con una sentenza che stabilisce definitivamente che proprietà della ferrovia è del Comune di Carrara che rileva le quote di proprietà dalla vecchia società.
All’inizio del grande boom industriale degli anni sessanta la “Marmifera” subisce la concorrenza dei mezzi gommati che in breve ne decreta la morte. Con sensibilità tipicamente carrarese il 21 febbraio 1960 la vaporiera FNC8 è giustiziata, si tagliano i binari poco sotto il ponte de “La Costa” e la si fa precipitare nella gola sottostante in una nuvola di polvere e fumo. Il tracciato ferroviario è smantellato e sul suo percorso sono costruite nuove strade.
Prima della “Marmifera” Carrara è attraversata da migliaia di carri trainati da buoi, dalla fine della “Marmifera” in poi sarà attraversata da migliaia di camion che spanderanno sul percorso che prima facevano i carri, gas di scarico e polveri in quantità assurde e intollerabili, per non parlare dell’inquinamento acustico e degli incidenti stradali provocati da questo traffico di mezzi pesanti.
Se è pur vero che la sensibilità ecologica negli anni sessanta nel carrarese è una cosa con la quale pochi hanno dimestichezza, a partire dalle amministrazioni pubbliche che certi scempi hanno avvallato o tollerato, la distruzione di un’opera così affascinante è un vero e proprio delitto. Visto che c’era perchè non utilizzarla per altri scopi?
Perché non utilizzarla come attrattiva turistica, per portare i turisti dal mare ai “Monti della luna” contribuendo così ad incrementare l’occupazione con attività non inquinanti e meno distruttive delle nostre Alpi?
Perché permettere quello scempio ecologico che è stato ed è il trasporto gommato attraverso la città?
E oltre tutto non ci torna il ragionamento che viene regolarmente fatto per spiegare queste scelte, nessuno ci convincerà mai che il trasporto su gomma sia stato, sia o sarà più, complessivamente, conveniente economicamente del trasporto su rotaia, se non lasciando gli utili alle società di trasporto ed addebitando alla comunità i costi relativi all’inquinamento del quale si è parlato sopra.
E’ ovvio che si è favorito, come sempre succede, l’interesse economico di pochi a scapito della collettività, permettendo in nome del progresso economico, uno sviluppo insensato e distorto che ha concentrato la ricchezza nelle mani di pochi e mantenuto il carrarese in condizioni di sviluppo economico e di reddito pro capite molto più bassi di quelli di quasi tutta la Toscana, con il risultato, apparentemente, paradossale, di un basso sviluppo economico in una zona di grande ricchezza mineraria e di grande potenzialità turistica.

Però così va il mondo e il carrarese non è da meno, anzi, Carrara è un poco come il Venezuela, con tutto il rispetto per il Venezuela e i venezuelani, ricca la prima di oro bianco, ricco il secondo d’oro nero, ma entrambi ricchi sopratutto di bandoleros.

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Carrara: La storia della Ferrovia Marmiferaultima modifica: 2010-09-01T09:26:06+02:00da minobezzi1
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