Subbiano (AR): Condividere la casa

Claudio Passiatore per greenreport

La condivisione, si sa, è un fenomeno di moda. Si condividono biciclette, auto, acquisti, e da qualche tempo, anche le case. O meglio, grandi tenute immerse nel verde dove magari, come natura comanda, poter coltivare anche un piccolo orto. Ma attenzione, questi progetti non hanno niente a che vedere con le esperienze anni Sessanta delle comuni. Il cohousing, è qualcosa di più concreto e in qualche modo scientifico. Lo spiega Laura Bignotti, promotrice, insieme a altre 10 famiglie, di un progetto di cohousing a Subbiano (Arezzo). «Le motivazioni che spingono oggi un gruppo di famiglie a rimettere in buona parte in gioco le impostazioni con cui ci si rapporta agli altri e al contesto abitativo sono molteplici. Si va dalla ricerca di una posizione più equilibrata e rispettosa nel rapporto con l’ambiente, con le persone,  all’esigenza di disegnare nel proprio piccolo un maggior vantaggio tra le necessità primarie di vita ed i rispettivi costi, laddove una corsa sfrenata al consumismo ne ha fatto perdere quel normale e naturale equilibrio», ha spiegato Bignotti. Un bel cambiamento non c’è che dire. Forse un po’ idealista, ma di sicuro un modello di vita da osservare con attenzione.

Le parole d’ordine, a Subbiano, sono rispetto per l’ambiente e sostenibilità. «I nostri obiettivi sono l’edilizia sostenibile che attiene al rispetto delle risorse, l’utilizzo di tecnologie e materiali naturali a km zero e non inquinanti, lo studio dei parametri ambientali, morfologici e naturalistici del territorio, il risparmio energetico alla previsione di autoproduzione alimentare ed energetica, al risparmio e riutilizzo dell’acqua», ha spiegato Bignotti. Obiettivi che devono essere realizzati secondo una  progettazione partecipata. «Nella creazione di un insediamento sostenibile, con caratteristiche di cohousing in ecovillaggio, affrontiamo la progettazione delle abitazioni secondo alcuni parametri importanti: quello della creazione di identità, dove procediamo contribuendo a far nascere un gruppo di coabitanti che tra loro intrecciano rapporti di scambio virtuoso e di condivisione; quello di relazione con la popolazione  esistente, favorendo la conoscenza reciproca e uno scambio virtuoso; quello tipologico, dove prestiamo attenzione a ciò che i luoghi ci dicono attraverso la storia, le forme e i modi degli insediamenti esistenti; infine quello edilizio-impiantistico, dove curiamo gli aspetti di bioedilizia, di approvvigionamento energetico e uso dell’acqua, ricercando le modalità meno impattanti e più sostenibili.

Il nostro progetto consisterà in alloggi privati con ampi spazi comuni coperti e all’aperto. Gli usi comuni potranno articolarsi in varie funzioni: cucina, lavanderia, spazi gioco, foresteria, spazi di servizio, laboratori, palestra, piscina, biblioteca ecc. Le famiglie vivranno con una formula di comunità di vicinato e gestiranno questi spazi comuni in modo collettivo». Secondo i promotori, insomma, la sostenibilità non è solo ambientale, ma anche sociale. «Da una parte la progettazione partecipata e la condivisione di spazi agevola la socializzazione e la mutualità fra gli individui, dall’altra questo tipo di abitare favorisce altre modalità affini come i gruppi di acquisto solidale, gli orti comuni, che consentono un grande risparmio energetico e un bassissimo impatto ambientale». Nelle prossime settimane, il gruppo di 10 famiglie, dovrebbe concludere la trattativa per l’acquisto della tenuta a Subbiano. La condivisione, almeno in teoria, è quasi cosa fatta

Subbiano (AR): Condividere la casaultima modifica: 2011-01-24T17:36:00+01:00da minobezzi1
Reposta per primo quest’articolo