Portoferraio (LI): Alieni nel Tirreno

 

Il  27 gennaio il Parco Nazionale ha organizzato un interessante incontro con il Fabio Bulleri dell’Università di Pisa, improntato alla conoscenza delle specie esotiche che sempre più frequentemente si incontrano nelle nostre acque.

Yuri Tiberto, consigliere del Parco nazionale, ha ricordato «L’importanza del monitoraggio e della conoscenza scientifica nella conservazione e nella gestione di quel fondamentale patrimonio collettivo rappresentato dalla ricchezza di biodiversità che caratterizza il nostro splendido mare. Monitoraggio al quale ciascuno di noi può dare il suo attivo contributo, semplicemente segnalando anomalie, assenza o presenza di specie “strane”, o, come spesso accade, “mai viste prima”: anche se spesso può semplicemente trattarsi di pesci o invertebrati comuni, che hanno il solo torto di frequentare solo occasionalmente le acque costiere o i bassi fondali, in altri casi possiamo partecipare a vere e proprie scoperte di notevole valore scientifico. L’Acquario dell’Elba, ormai da quasi un ventennio, si occupa di raccogliere queste segnalazioni, girandole di volta in volta ai ricercatori più accreditati.

E se, come vuole la logica, il contributo dei pescatori professionisti si è rivelato numericamente sostanzioso, è anche vero che il merito di aver raccolto le “stranezze” più rilevanti va a quei pescatori dilettanti che evidentemente hanno nel proprio Dna il gusto della scoperta e l’istinto della curiosità. Come Simone Mazzei, giovane pescasportivo procchiese, che nell’ottobre del 2009 ci ha segnalato la presenza all’interno di una cernia di uno stranissimo parassita, che si è rivelato essere un trematode del tutto sconosciuto a est della Grecia, dove peraltro è apparso solo recentissimamente. E sempre Simone ha rinvenuto, giusto un anno fa, non solo il primo esemplare “elbano” di Pesce flauto, ma anche, con ogni probabilità, l’esemplare di maggiori dimensioni che sia stato mai trovato in acque italiane. Ad oggi, sono ben 5 gli esemplari pescati all’Elba e dintorni e da noi conservati, pronti per essere esaminati dallo staff del Dott. Bedini del Centro di Biologia marina di Piombino. E quindi grazie a Roberto del peschereccio “Mamma Rita”di Campo, a Paolo di Marciana Marina, che ci ha fornito l’unico esemplare ancora vivo, e ad Annamaria Segnini che a inizio anno ha recuperato, spiaggiato a Fonza, l’ultimo della serie, a testimonianza di una presenza ormai stabile di questo curioso pesce».

Il biologo Angelo Mojetta, autore di decine di libri e centinaia di pubblicazioni sulla fauna marina, descrive così il fenomeno: «È ormai noto e dimostrato che dal momento dell’apertura del Canale di Suez è iniziato un flusso migratorio di specie esotiche dal Mar Rosso al Mediterraneo. A poco a poco il numero è aumentato e oggi le acque dei nostri mari sono popolate da decine e decine di specie aliene o non indigene, come più correttamente sono definite dai biologi marini.

Una di queste è il Pesce flauto del Mar Rosso (Fistularia commersonii), che a prima vista si potrebbe scambiare per una strana aguglia cresciuta. Protagonista di una rapidissima avanzata, che dalle coste di Israele, dove è stato avvistato nel 2000, lo ha portato nel 2007 fino in Liguria, questa specie con le numerose segnalazioni del 2010 sembra ormai perfettamente acclimata nel Mediterraneo. Nell’invasione ha dovuto però pagare uno scotto alla genetica: recenti e approfondite ricerche, infatti, hanno dimostrato che gli esemplari mediterranei hanno un corredo genetico molto ridotto rispetto a quello delle popolazioni originali del Mar Rosso o dell’Indopacifico. Di abitudini costiere, si ciba prevalentemente di piccole prede (crostacei, molluschi, pesci) che risucchia all’interno del lungo e stretto muso a tubo, ed è possibile che possa entrare in concorrenza con specie costiere nostrane, più pregiate e interessanti sia biologicamente che economicamente. Anche per questo è necessario un attento monitoraggio, ed è prezioso il contributo di quelle strutture che, come dimostrato nel tempo dall’Acquario dell’Elba, costituiscono un prezioso strumento per la raccolta di dati e informazioni per la biologia marina e la conoscenza dei mari dell’isola».

Al convegno elbano è stato ricordato che il fenomeno della tropicalizzazione è iniziato nel 1902 quando la prima specie di pesce immigrata da Mar Rosso è stata trovata ad Haifa, soltanto trentatre anni dopo l’apertura del Canale di Suez. Da quel momento in poi si è assistito a una costante immigrazione di specie straniere, tanto che il fenomeno ha preso il nome di “migrazione lessepsiana” dal nome dell’architetto, Lesseps, che ha progettato il canale di Suez.

Una prima spiegazione riguardante il facile adattamento si specie tipiche di climi tropicali nelle nostre acque può essere imputata al fatto che, per la loro evoluzione, le specie invasive sono più aggressive e abituate alla forte competizione e sono perciò state facilitate nel nuovo ambiente dal continuo stress cui sono sottoposti i pesci mediterranei. Questi organismi, indeboliti dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento, lasciano gradualmente nicchie ecologiche vuote facilmente colonizzabili da organismi estranei. Le specie immigranti provenienti dal Mar Rosso sono 55: di queste una quarantina sono aumentate in termini di biomassa (quantità di pesci per ogni singola specie) e 10 sono diventate di interesse commerciale.  Dal Mar Rosso sono arrivate tra le tante due nuove specie di triglie che si sono stabilizzate nel Mar Libico, una specie di cernia, un tonnetto e due di barracuda del Mar Rosso.

Inoltre negli ultimi anni, si è verificata attraverso lo stretto di Gibilterra anche una massiccia immigrazione di specie tropicali circa 30 provenienti delle coste africane dell’Oceano Atlantico tra cui alcune specie di ricciole che nelle acque siciliane ormai vengono pescate con regolarità.

Nel Mediterraneo, oltre all’immigrazione delle specie aliene tropicali, stiamo assistendo anche ad un vero e proprio fenomeno riguardante il cambiamento nella distribuzione della fauna ittica, riconducibili, probabilmente, alle mutazioni climatiche. E’ quello che va sotto il nome di Meridionalizzazione dei mari settentrionali, e per questo nei mari italiani si sta verificando una forte espansione di quei pesci che vivevano essenzialmente nei mari caldi del Mediterraneo, come i Carangidi, il pesce balestra (Balistes carolinensisi), che mostra oggi un espansione verso nord del proprio areale distributivo e il pesce pappagallo (Sparisoma cretense) che alcuni anni fa viveva solamente a Lampedusa e che oggi è presente lungo tutte le coste della Sicilia.

Tiberto ha rinnovato l’invito a segnalare, fotografare o filmare tutto ciò che vi pare strano o anche solo curioso: la conoscenza è alla base di una cultura di rispetto e tutela per il nostro mare che non può e non deve essere delegata».

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Portoferraio (LI): Alieni nel Tirrenoultima modifica: 2011-01-27T17:21:35+01:00da minobezzi1
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