Lucca: Francesco Bonami

Francesco Bonami

Valeria Pardini per loschermo

Francesco Bonami è un critico d’arte, che non usa “i paroloni”. Ha un curriculum internazionale ed è fra i più importanti esperti d’arte contemporanea. Direttore della Biennale di Venezia nel 2003, curatore della Biennale del Whitney Museum di NY. Autore di libri dove ha demolito artisti contemporanei e smascherato falsi geni, nel suo l’ ultimo libro “Dal Partenone al panettone”, fa un’operazione diversa, racconta la storia dell’arte attraverso il confronto di immagini di grandi capolavori del passato e opere più attuali.

Come è nato questo nuovo libro?

“Mi piaceva l’idea del confronto, tutto sommato cambiano i linguaggi e i modi di fare arte, ma l’arte non muore mai. Ci tengo a dire che questo non è un libro di storia dell’arte, io non sono uno storico dell’arte. L’arte è per la maggior parte di noi una serie di incontri che ci sono capitati nella vita, un’esperienza continua non cronologica. Il mio libro segue questo percorso, non cronologico come i liberi di scuola”.

L’arte contemporanea per il grande pubblico è spesso di difficile comprensione. Nel suo ultimo libro azzarda invece accostamenti tra le opere di Jeff Koons, Murakami, e Cattelan a quelle di Leonardo o Michelangelo. Domanda classica: esistono ancora dei criteri per definire cosa è arte o cosa non lo è?

“No, non esiste un criterio assoluto. L’importante è non confondere il proprio gusto con quello che si definisce arte o non arte. L’arte è uno degli strumenti per parlare della società. L’arte che non riesce in un modo o in un altro a parlare è un’arte morta e a volte non è arte ma solo immagine”.

Sfogliando il suo libro, fra le opere che ha messo ha confronto mi hanno colpito in modo particolare: il celeberrimo Urlo di Munch raffrontato ad immagini della guerra del Vietnam, la Cacciata dal Paradiso di Masaccio con la foto della testata Zidane a Materazzi durante i mondiali di calcio del 2006 ed il Cristo morto di Mantegna, con la foto della morte di Che Guevara. Mi può spiegare come sono nati questi particolari confronti?

“L’artista nell’antichità era l’unico tramite per raccontare le storie, Masaccio per esempio racconta un fatto vergognoso come la cacciata di Eva dal paradiso, è rappresentata la colpa, la stessa cosa vale per la foto della testata di Zidane ai mondiali del 2006, anche se non sapremo mai se la colpa è di Zidane o di Materazzi che gli ha insultato la sorella.

L’Urlo di Munch invece rappresenta la tragedia esistenziale, che ho raffrontato con le immagini della guerra in Vietnam che sono la tragedia di un popolo, se prima c’era la colpa, qua c’è la paura.

L’associazione con la foto di Che Guevara ucciso e il Cristo Morto del Mantegna, non solo l’ho scelto per un associazione artistica, le due foto sono uno scorcio in prospettiva, e poi Mantegna è riuscito a trasformare il cadavere di Cristo in un cadavere di un uomo morto, come se l’immagine fosse tratta da un obitorio. Il contrario esatto della foto di Che Guevara dove l’uomo diventa mito, immortalato per sempre, diventando un’icona”.

Com’è che un immagine diventa ‘Icona’?

“Allora io non parlo e non scrivo come un critico d’arte, quindi non avrò una risposta tecnica. Spesso vediamo alcune immagini di opere o fotografie e nemmeno sappiano chi è l’autore ne tantomeno il periodo. Eppure sono immagini che ci rimangono impresse nella memoria, le incorniciamo e le fissiamo nella nostra mente. L’arte è questo non è sempre un esperienza colta, ma emotività. Ci sono immagini che ci accompagnano tutta la vita”.

Lei ha molti incarichi anche all’estero, quindi ha una posizione privilegiata per osservare lo stato dell’arte contemporanea. Quali sono le differenze maggiori che riscontra in Italia, rispetto all’estero? Com’è il pubblico italiano?

Il pubblico è uguale, la politica è diversa. All’estero nessun politico mette bocca su quello che fa un museo. Il Museo di Storia Tedesca di Berlino sta ospitando una mostra dal titolo Hitler e i tedeschi. Nazione e crimine, senza sollevare polveroni o strascichi polemici, a differenza di quel che accadde a Milano quando Cattelan voleva utilizzare l’immagine della sua opera Hitler (dove il dittatore è in ginocchio, ndr) per i manifesti della sua mostra”.

Secondo lei, l’arte contemporanea italiana è soffocata dalla politica?

“L’unico bipolarismo che ha funzionato in Italia e’ stato quello nell’arte fra il partito di Celant e quello di Bonito Oliva che hanno paralizzato l’Italia dell’arte”.

Germano Celant nel 1968 aveva coniato la definizione Arte Povera, ci sono orai artisti che potrebbero essere riuniti in un gruppo?

“Magari! Il punto e’ proprio questo! Non ci sono più gruppi”.

Chi è tra l’ artista italiano più rivoluzionario?

“Mah, non saprei…. Cattelan più rivoluzionario? Forse. Ma non saprei.

E negli Stati Uniti, dove tu vivi, qual è la situazione dell’arte contemporanea?

“Quando sono negli Stati Uniti, cerco di recuperare un innocenza nello sguardo che ancora gli americani hanno. Certi schemi e timori referenziali non esistono. Certe volte penso a Jeff Koons a come gli sono venute in mente alcune sue sculture, è grazie a questa possibilità e libertà che nascono alcune sue opere, pensa alla statua di Michael Jackson con la scimmia in maiolica… un personaggio contemporaneo rivisto in chiave passata, rappresentato come una saliera di Benvenuto Cellini. Si può guardare la storia passata come se fosse contemporanea, ma anche viceversa”.

Hai un lettore ideale, o meglio a chi dedichi il tuo libro?

“Io spero che sia il libro, che tutti gli studenti di storia dell’arte vorrebbero avere. Ho un desiderio, che sia un libro liberatorio per la storia dell’arte. Le nuove generazioni hanno internet hanno un rapporto più veloce con le immagini e ognuno può costruirsi il suo percorso visivo, e osare senza rischiare. Ognuno ormai può costruirsi una propria antologia”.

Ultima domanda, se diventasse ministro dei beni culturali…

“Dipende da quando mi ci faranno … vista l’età della politica italiana … Se accadesse fra vent’anni, non saprei quali saranno gli artisti meritevoli e poi, avendo io 75 anni, probabilmente non capirò più nulla di arte contemporanea”.

Lucca: Francesco Bonamiultima modifica: 2011-02-01T10:30:50+01:00da minobezzi1
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