Arezzo: Mario Sironi

Valeria Pardini per  loschermo

Per il cinquantenario della morte di Mario Sironi un’importante retrospettiva itinerante ne presenta  un centinaio di opere del periodo 1915 -1961: progetti, grafiche, cartoni, disegni, gouaches, alcune delle quali poco conosciute. La mostra è nata da un progetto di Artemio Serri della galleria d’arte Cinquantasei di Bologna e sostenuta dal nipote dell’artista, Andrea Sironi, che hanno deciso di celebrare il grande artista, non esponendo nei musei ma durante le otto principali manifestazioni fieristiche italiane. Così dopo aver toccato Bergamo, Bologna e Genova, l’omaggio a Sironi ha fatto tappa dal 17 al 21 marzo all’ Expo Arte di Arezzo.

Un percorso che tocca tutte le principali fasi della produzione del pittore: dall’illustrazione alla metafisica, al futurismo, all’arte murale. L’arte di Sironi è distante, solitaria, silenziosa, caratterizzata da atmosfere cupe, come le sue  fumose periferie o le città vuote e abbandonate. Gli scenari dove trovano vita i suoi eroi del quotidiano in bianco, nero e ocra, immagini che rimandano a struggenti sensazioni interiori. Sempre pochi i colori, caratterizzati dall’uso costante del nero, rigorose e potenti le forme.              

Mario Sironi (1885-1961) è un artista poliedrico e un uomo dal pessimo carattere, particolarmente sensibile, umorale e facile all’innamoramento, sia in ambito artistico che in politica.

Grande disegnatore fin dalla giovane età, nei primi anni del secolo si iscrive alla scuola di nudo di via Ripetta, a Roma, dove la famiglia si era trasferita nel 1886, si avvicina all’ambiente dei giovani artisti romani e frequenta lo studio di Giacomo Balla. Si sposta poi a Milano dove condividerà l’esperienza futuristica al fianco di Umberto Boccioni.  Fervido patriota, con lo stesso Boccioni, Sant’Elia, Marinetti e Funi si arruola volontario nella prima guerra mondiale, dove rimase fino al 1919.  Al ritorno della guerra si lascia poi sedurre dalla pittura metafisica, nata a Ferrara nel 1917, ma la sua non fu mai un adesione totale, le muse di De Chirico si trasformano, nelle tele di Sironi, in deserti e strazianti scenari caratterizzati  da un forte rigore geometrico, orientandosi così più verso il “costruzionismo”.

Conosce Margherita Sarfatti, la musa dei salotti di Milano, e sin dall’inizio (1922) fa parte del gruppo Novecento Italiano, il sodalizio di artisti, creato e sostenuto dalla stessa Sarfatti, che desiderava un ritorno alla tradizione pittorica, allontanandosi decisamente dalle avanguardie artistiche. Con il gruppo è alla Biennale di Venezia nel 1924, e con una personale nel 1928. Sono anni di grande produzione, lavora senza sosta come pittore, vignettista, giornalista, scultore e organizzatore di mostre.

Auspicava però ad una rinascita dell’arte pubblica, maestosa, imponente, ricca della grande tradizione classica ma al contempo moderna nei contenuti, voleva far “ cantare i muri”.

L’adesione al fascismo deriva da questa sua urgenza, solo lo Stato avrebbe potuto realizzare il suo sogno. Le prime opere di pittura muraria su commissione pubblica furono realizzate al fianco dell’architetto Giovanni Munzio e nel 1933 scrive e pubblica il Manifesto della pittura murale.

Partecipa a molte esposizioni ufficiali, come le Triennali di Milano e le Quadriennali di Roma. Nelle sue opere restituisce il senso del classicismo, del sacro, del comprensibile. Il suo scopo è arrivare alla gente, essere capito, trasmettere messaggi semplici ed universali.  Sironi celebra il lavoro, il mito italiano, le città e la storia. I corpi che disegna sono possenti ma silenziosi e assorti, quasi meditativi. Eroi tristi e mai trionfanti, carichi di dubbi e consapevoli del loro destino.

Il crollo dell’ideologia di cui è sempre stato un tenace sostenitore, la guerra e la crisi dei valori che ne consegue, ma soprattutto la morte della figlia Rossana, che si suicida nel 1948,  fanno svanire l’entusiasmo ed il fervore degli anni della febbrile creatività, Sironi cade in una profonda depressione e la pittura di questo periodo riflette i suoi stati d’animo.  I soggetti non cambiano, a quelli sarà fedele per tutta la vita, ma diventano irriconoscibili. I suoi corpi maestosi sono ora privati della solidità strutturale che li contraddistingueva, isolati e sospesi in una sorta di limbo, i nudi vigorosi sono adesso figure scheletriche, le periferie industriali sono fosche ed abitate solo da ombre nere e indefinite, la natura è ostile, rocciosa e spigolosa.

Questa mostra itinerante rende omaggio a tutta la sua carriera artistica, dagli slanci entusiastici della giovinezza fino all’eroismo privato e autobiografico dell’ultimo Sironi. Un’artista atemporale, che riuscì ad essere all’avanguardia, pur nella velocità del susseguirsi dei molti movimenti artistici novecenteschi con uno stile personale ed inconfondibile. Mantenne sempre il desiderio di un’arte eterna e pubblica, classica e maestosa, ma seppe anche descrivere le angosce e i dubbi esistenziali dell’ uomo.

La mostra itinerante dedicata a Mario Sironi che riunisce circa cento opere, ha avuto la prima tappa a Bergamo Arte Fiera dal 14 al 17 gennaio, la seconda a Bologna nei giorni di Artefiera, per poi spostarsi alla galleria d’arte Cinquantasei ( via Mascarella 59), la terza ad Arte Genova 11-14 febbraio. Adesso sarà ad Arezzo 17-21 marzo, all’ ARTEXPO , presso il centro congressi e fiere  (via Spallanzani 23, tel 0575-383028 email: info@arezzofiere.it website www.arezzofiere.it. La rassegna prevede un giro per l’Italia in dieci tappe nel corso di tutto il 2011 ed è accompagnata da un ampio catalogo prodotto dalle Edizioni Cinquantasei di Bologna.

Arezzo: Mario Sironiultima modifica: 2011-03-21T10:07:34+01:00da minobezzi1
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