Pescaglia (LU): Carla Reggiannini

Alberto Marchi pder loschermo

Nella collana “Voci nuove” della casa editrice Maria Pacini Fazzi è uscita recentemente l’opera prima di Carla Reggiannini, insegnante e dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Pescaglia. “La mia parte” si intitola questa bella raccolta di poesie che sono introdotte da una presentazione del poeta e scrittore Mario Lena, curatore anche della collana. L’elegante ma agile edizione si avvale di una splendida copertina e delle illustrazioni di un’artista di qualità come Manuela D’aiuto, cugina dell’autrice, che vive in Brasile, dove da anni è un’artista affermata.

Carla Reggiannini, nata a San Marcello Pistoiese, emigrò da bambina in Argentina, dove per tre anni abitò insieme ai suoi genitori, che però provavano una forte nostalgia dell’Italia, tanto da non poter fare a meno di ritornarvi. Vive a Ponte a Moriano ed ha insegnato nelle scuole dell’infanzia e primaria. “La mia parte” ci ha colpito anche perché ne emerge una visione forte della vita, per niente edulcorata. Una voce nuova ma autorevole, capace di aprirci ad un mondo interiore molto ricco e profondo. Come ha scritto Lena nella presentazione, dell’opera della Reggiannini “Mi ha interessato e colpito la vocazione contenutistica dell’opera, che però resta attenta anche all’aspetto formale, per non eludere i contrasti (vitali) del segno poetico“.

Abbiamo rivolto a Carla Reggiannini qualche domanda per entrare nel suo “laboratorio” poetico.

Nella dichiarazione poetica già che apre il volume “Poesie scrissi e scrivo”, già chiarisce molto della sua ispirazione e del perché di questa raccolta: da quanto tempo scrive poesie e qual è la molla che è scattata per spingerla a pubblicare?

“Credo di avere avuto una formazione poetica da quando ero bambina, ricordo le filastrocche che mi insegnava mia madre. Credo che alcune tecniche poetiche, come la rima, le abbia avute sempre dentro di me. Anche a livello scolastico ho sempre creduto nella poesia perché credo che non sia troppo ben utilizzata.

La poesia per me è gioco di parole, assonanza e allitterazione. Ho scritto le prime poesie a sette anni, con finalità propiziatorie. Dovevo entrare in terza classe facendo l’esame da privatista e la prima poesia la scrissi appunto per propiziarmi l’ammissione alla terza elementare. Dovevo andare a scuola nel mese di ottobre; l’esame di ammissione mi creava delle ansie e allora scrissi una poesia in rima che cominciava con un’espressione tipo “La bella scuola…”. Quindi in questo senso era propiziatoria, cercavo di prefigurarmi una realtà accogliente. Ma ricordo che già una seconda poesia affrontava il tema della morte.

Più avanti ho scritto poesie come una buona parte degli adolescenti, poi anche ritrattate e buttate via.

Poi ho cominciato di nuovo a scrivere poesie negli anni 80, forse in momenti di analisi più profonda di me stessa: questa è stata la molla. Penso che la poesia sia un’ancora di salvezza, che serve per affrontare la vita”.

In molte delle sue poesie si nota un uso piuttosto frequente della figura retorica dell’ossimoro. Faccio degli esempi “coraggio vile”, “dolcezza inquieta”, “mormorare garrulo”: a cosa si deve questo uso? Quale funzione svolge nella sua poetica?

“L’ossimoro secondo me anche l’espressione di una condizione umana, che quella del dubbio. Rimasi molto colpita dal verso di una canzone di De Gregori “Santa Lucia”, per le persone facili che non hanno dubbi mai.

Da una parte l’espressione di una situazione che presenta un certo aspetto, ma al tempo stesso presenta anche il suo opposto: questa compresenza diventa il presupposto per una possibile loro integrazione, non c’è mai l’inconciliabile assoluto. L’ossimoro un gioco di parole, che non deve essere scontato. C’è un lavoro di limatura molto forte, un lavoro di ricerca anche stilistica sui ha influito la mia formazione, anche universitaria”.

Quali sono i poeti che l’hanno ispirata di più?

“Saba l’ho scoperto da me nelle mie letture grazie all’Università penso a poesie come “A mia moglie” o a “La capra”. E poi i classici, Dante, Petrarca, Leopardi, Montale. Questi poeti rappresentano aspetti della mia personalità. Dante e Petrarca anche nell’impegno civile, Leopardi il dolore nella vita”.

Il posto che occupa il dolore nella sua visione della vita.

“Dice Mario Lena che io mi esprimo bene nelle poesie d’amore e soprattutto nelle poesie d’amore tormentato. La poesia nasce come antidoto alla sofferenza.

Ho avuto situazioni di sofferenza, fisica e psicologica. Credo che la sofferenza abbia una potenzialità formativa che adesso, nel tempo che viviamo, viene trascurata.

Si cerca anche nei confronti dei bambini o dei ragazzi di eliminare ogni senso di frustrazione e questa cosa direi perfino ignominiosa. La sofferenza va affrontata e allora si deve anche dominare. Soprattutto in lavori come questo che hanno una valenza sociale. Un medico che non ha sofferto non so se può essere un buon medico. Non voglio fare l’apoteosi della sofferenza. Ma la mie poesie rispecchiano la mia vita, una delle ultime scritte, Amos 1944, parla di un mio zio che aveva un handicap mentale a seguito di una meningite e questa poesia come una sorta di riscatto della sua memoria. Credo che la poesia come la scrittura in genere sia un’altra possibilità di formazione. Duccio Demetrio, pedagogista, parla dell’autobiografia come di uno strumento didattico di prim’ordine”.

Pescaglia (LU): Carla Reggianniniultima modifica: 2011-04-04T10:08:51+02:00da minobezzi1
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