Montalcino (SI): Modifiche al disciplinare del Rosso

 RoVino ⋅per lavinium

montalcino_roccaIl 7 settembre ci sarà un’assemblea. L’ennesima. Tema: modifiche al disciplinare del Rosso di Montalcino. La questione sembra terribilmente urgente, visto che non si può procrastinarla neanche di una settimana, dando la possibilità a chi ha urgente necessità, di vendemmiare a causa del torrido caldo di agosto. A  questo proposito segnalo la lettera inviata ai soci e ai membri del Consiglio di amministrazione del Consorzio del Brunello di Montalcino dal presidente della Mastroianni,  Francesco Illy e prontamente pubblicata dall’amico Franco Ziliani (sebbene Andrea Gabrielli, previa numerose telefonate, ci assicuri che la situazione non è assolutamente paragonabile al 2003 (ma chi l’aveva paragonata?); ma a me risulta da altre telefonate fatte personalmente a produttori che in questa settimana, mi hanno garantito, non possono fare a meno di vendemmiare perché il caldo violento che per tre settimane ha aggredito le piante (con punte di caldo che non erano state raggiunte neanche nel 2003, non fatico a crederlo visto che le ho sentite sulla mia pelle e misurate con tanto di termometro) ha portato ad uno squilibrio tale da imporre la raccolta, perché le uve sono cotte, anche se i vinaccioli sono ancora indietro e, di contro, l’acidità si è purtroppo abbassata considerevolmente).
Del resto, non per far polemica sterile, ma ce ne vogliono davvero molte di telefonate per coprire un’area di 2100 ettari e oltre 200 produttori imbottigliatori e fare una statistica affidabile sulla situazione vendemmiale del 2011… Sicuramente ci vuole molto meno a rinviare un’assemblea la cui urgenza è del tutto inspiegabile.
Ma facciamo un passo indietro, siamo sicuri che il fatto che una non precisata parte dei soci del consorzio aspiri ardentemente a cambiare il disciplinare del Rosso di Montalcino inserendo una percentuale di altre uve sia un problema locale dettato da chissà quali loschi propositi?
Si sta battagliando, e l’amico Franco Ziliani su questo è sempre stato chiaro e inequivocabile, per difendere la storia di un luogo, delle genti che lo hanno reso famoso nell’era moderna grazie ad un grande vino e alla consapevolezza che quel vino era unico proprio perché figlio di un unico vitigno, tanto da aver scelto di chiamarlo proprio con il nome che a quel vitigno veniva dato: Brunello.
Per carità, se c’è uno che adora il sangiovese di Montalcino nelle due espressioni che tradizionalmente questo pezzo di Toscana ci offre, quello certamente sono io. Non l’ho mai nascosto.
Detto questo però, nonostante di impulso mi viene da reagire al solo pensiero che vengano introdotte altre uve nel Rosso di Montalcino (che se è vero che molti usano come vino di ricaduta, è altrettanto vero che in tempi in cui il Brunello è stato fortemente appesantito, anche nel prezzo, questo vino paradossalmente prodotto in minore quantità, in molti casi si rivela più gradevole e capace di donare grandi soddisfazioni senza svuotare le già prosciugate tasche del portafoglio di molti italiani), mi domando se non sia il caso di prendere in considerazione anche lo scempio che si sta facendo del significato stesso di “denominazione di origine controllata – e garantita- “, cresciute in numero spropositato e ingiustificato, visto che non si è provveduto in molti casi a corredarle delle dovute restrizioni quantitative e qualitative (in molti casi non è obbligatorio neanche imbottigliare nella zona di produzione), anzi sono nate e stanno per nascere doc “provinciali” e “regionali” come Venezia, Vicenza, Roma, Sicilia, Toscana ecc.
Senza entrare troppo in profondità (sul web si sa, la gente si stanca di leggere molto presto), l’introduzione di uve “migliorative” (in pratica sempre le stesse: merlot, cabernet e syrah) sta avvendendo nella stragrande maggioranza dei disciplinari italiani, eccezion fatta per pochi gloriosi casi, fra i quali, appunto il Brunello e il Rosso di Montalcino. La colpa è quella di avere scelto di dare al vino il nome del vitigno, dicono.
Ma lo hanno fatto anche con altri vini: in Toscana il Morellino (che è il nome del sangiovese della zona di Scansano) consente il contributo di un 15% di altre uve. Stessa cosa per la Vernaccia di San Gimignano, l’Ansonica Costa dell’Argentario o, restando in zona, per il Moscadello di Montalcino.
In Campania il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo, vini bianchi emblema della regione, possono essere prodotti con un 15% di altre uve, così come per l’Aglianico del Taburno.
In Sardegna tutte le denominazioni che portano il nome di vitigno ammettono dal 5 al 15 % di altre uve (Vermentino di Gallura, Girò di Cagliari, Nuragus di Cagliari, Malvasia di Bosa, Monica di Sardegna ecc.).
In Sicilia prevedono altre uve sia la Malvasia delle Lipari che il Moscato di Pantelleria.
In Puglia le prevedono il Primitivo di Manduria Doc, l’Aleatico di Puglia e il Moscato di Trani.
In Piemonte la Barbera d’Alba e d’Asti, il Verduno Pelaverga, la Freisa di Chieri, il Ruché di Castagnole Monferrato ecc. ecc.
Perché allora ci si accanisce proprio con il sangiovese in purezza a Montalcino? Le ragioni sono molteplici, ma la prima è sicuramente la fama che il Brunello di Montalcino ha conquistato nel mondo (sebbene non siano molti all’estero a sapere che è sangiovese in purezza), le sue profonde radici e il fatto che il “brunello” è un sangiovese dal carattere del tutto unico e quei pochi produttori che all’inizio ne hanno forgiato la denominazione di origine, ci credevano profondamente, erano consapevoli di avere fra le mani un gioiello in una terra straordinaria.
Cosa è cambiato da allora? Il territorio e in parte il clima. L’area vitata è cresciuta in maniera esponenziale senza che venissero fatte le dovute sperimentazioni per verificare se il sangiovese dava i risultati necessari a fare un grande vino. I vigneti sono stati impiantati anche in zone basse e umide, così come in zone più elevate (ma in questo caso il clima le ha in parte favorite).
Allora il problema, forse, è ben più profondo di quello che appare, la questione uvaggio (si parla di un Rosso di Montalcino con 85-100% sangiovese + eventuali uve consentite nella Regione Toscana, e di un Rosso di Montalcino Superiore ottenuto da sangiovese in purezza) è solo la punta dell’iceberg di una serie di errori fatti in precedenza che oggi si vorrebbe tamponare con una soluzione, sinceramente, forzata e poco utile, in virtù di un fantomatico mercato che ha già cambiato rotta e la cui volubilità è del tutto imprevedibile e inassecondabile.

Montalcino (SI): Modifiche al disciplinare del Rossoultima modifica: 2011-09-06T15:30:00+02:00da minobezzi1
Reposta per primo quest’articolo