libri. Il dolore per un fratello infelice accompagnò la sua adolescenza. Il desiderio di uscire di casa per stare con se stesso, in solitudine, era forte. Annotava nel Diario: “Vorrei una baracca fra le dune del Balipedio; qualcosa dove nascondermi e lavorare in serenità…”. Era un autodidatta, la sua formazione non avvenne però a caso; il suo fiuto innato lo guidava.
Scelse gli autori a lui più congeniali, Shelley, Keats, Novalis, Holderlin, Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Valéry, e poi Eliot, Ungaretti, Cechov, Conrad, Shakespeare, Jojce, Kafka. Fu folgorato da Rilke. Il fluire fantasmatico delle immagini, dei pensieri, delle sensazioni del poeta che s’interroga sulla vita e sulla morte, sul dolore, sulla precarietà delle cose del mondo, placava la sua irrequietezza.
Luca guardava la bellezza che lo circondava, il mare, le dune, la pineta, le strade, le piazzette del paese, le umili persone che le abitavano, per coglierne la meraviglia del loro rivelarsi; ascoltava assorto il silenzio della baracca, il rumore del vento, della risacca. Non era solo. Due amici per la vita gli erano accanto. Guardavano, sentivano le stesse cose. Il loro sodalizio era totale, pur nella diversità dei loro caratteri: riservato e irrequieto Ghiselli, timido e sereno Marcucci, sanguigno ed estroverso Tobino.
Antonio Carollo