Lucca: Glauco Mauri

 

DIMITRI GALLI ROHL per loschermo

 

Incontro Glauco Mauri un’ora prima che lo spettacolo abbia inizio. Compare all’improvviso, cammina a passo svelto con gli occhi fissi sul palcoscenico. Non mi vede e  ha l’aspetto del Bianconiglio di Lewis Carrol. Ma non è in ritardo, Glauco Mauri. E’ soltanto attratto dalla magia del teatro, come se fosse la prima volta che recita in vita sua. Cerco di farmi notare senza disturbare il suo rapporto con quelle assi benedette; lui mi sorride e accetta di chiacchierare un po’. “Dieci domande sono troppe, Maestro?”, faccio io. “Assolutamente no”, risponde lui. L’intervista è già cominciata..  

La sua “Top Five” dei migliori drammaturghi di tutti i tempi.

“Shakespeare – Sofocle – Dostojevskij (anche se non è un drammaturgo) – Beckett – Cechòv (ma forse no)”

Cosa sarebbe stato Glauco Mauri se non fosse diventato Glauco Mauri?

“Un direttore d’orchestra – quand’ero più giovane ho subito il fascino di Toscanini – ma oggi direi più Abbado o Kleiber. Preferendo il primo con buona pace del secondo, visto che – per fortuna – è ancora vivo.”

Un commento un po’ saggio ma anche un po’ polemico sul rapporto tra Stato e Teatro nel Belpaese.

“Orrendo. Qualunque governo si sia avvicendato negli anni ha contribuito a disintegrare il nostro sistema – teatro. Oggi la banalità dilaga e la mediocrità è l’unica merce di scambio possibile. Nessuno ha più interesse a “seminare” del buon teatro, questo voglio dire. Io ci provo, da sessant’anni, tutti i giorni. Con il mio lavoro.”

I giovani – oltre a non aver più voglia di coltivare la terra – sono sempre più spinti dai media a scegliere il mondo dello spettacolo per affermare loro stessi; un consiglio e un monito.

“Non barate mai, soprattutto con voi stessi. Il teatro è il luogo della verità. Giocate la vostra partita ma non accontentatevi mai dello zero a zero. Rischiate di vincere, consapevoli dell’importanza di ciò che volete dire con il vostro lavoro. Ripetetevi fino a quando sentite il bisogno di farlo; spesso i concetti e le verità hanno bisogno di tempo per essere digeriti.”

Qual è il ruolo che le è mancato?

“Farei volentieri Re Lear per la terza volta; sento che adesso potrei essere pronto per sostenere quel ruolo fino in fondo. Ma se devo dire qualcosa che ho “mancato” nella mia carriera, senza dubbio “Minetti” di Thomas Bernhard; lo fece Galabotti al mio posto e fu molto bravo. Anche il Padre dei “Sei Personaggi” però è un ruolo che mi affascina molto e che non ho ancora avuto il piacere d’interpretare. Ma credo che lo farò.”

Lo spettacolo che Glauco Mauri non ha ancora fatto?

“Preferisco dire ‘lo spettacolo che –purtroppo- non potrò mai fare’: ‘Giorni Felici di Beckett’. Il protagonista, Minnie, è una donna. A volte cerco d’immaginarmi a recitare quella parte con la mia barba e i miei capelli bianchi ma non riesco a trovarmi troppo convincente.

Nel 1971, la RAI trasmetteva sceneggiati adattati da Durrenmatt e Dostojevskij piuttosto che squallidi reality show. Qualcosa è cambiato in peggio?

“Ho sempre preferito la radio alla televisione, devo confessarlo. In merito alla domanda, vorrei rispondere con un aneddoto: nel 1989, quando Beckett morì, registrammo per la radio “Atto senza parole” e “L’ultimo nastro di Krapp” ottenendo un successo di pubblico pazzesco. Poi facemmo – stavolta per la tv – “Il rinoceronte” di Ionèsco e ci classificammo penultimi rispetto agli indici di ascolto. Visconti, con “La terra trema”, ci tolse la soddisfazione di arrivare ultimi. Mi pare che le cose non siano cambiate troppo, in effetti.”

Lei si è diplomato all’ Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e ha avuto come maestro il grande Sergio Tofano. Nel suo spettacolo (Quello che prende gli schiaffi), è possibile cogliere un po’ dell’ironia magica di questo grande uomo di teatro, oggi poco ricordato. Un aneddoto che sia sprone ad informarsi per chi ancora non lo conosce.

“Era una persona generosa, dotato di un’ironia fuori dal comune. Da giovane ero più grasso di adesso – ‘un po’ bue’, mi diceva – ma insisteva a farmi interpretare gli attor giovani goldoniani perché – diceva lui – mi avrebbero aiutato a dimagrire! Ricordo che quando frequentavo l’accademia ero molto povero e mi capitò di avere un brutto sfogo sulla faccia che non potevo permettermi di curare. Un giorno, Sergio Tofano mi chiamò con gentilezza nella stanza degli insegnanti e disse “Non ti offendere”, porgendomi una scatola che conteneva una pomata che lui aveva comprato per me in farmacia.”

Glauco Mauri, con la sua voce, ha fatto cose straordinarie. Ad esempio ha minacciato la Principessa Leia Organa, ordinato la distruzione del pianeta Alderaan e richiamato all’ordine Darth Vader. Cosa ricorda di quell’esperienza di doppiaggio?

“Assolutamente niente. Devo confessare che la fantascienza non m’interessa molto. Strelher invece era un appassionato. Ricordo che m’invitò a casa sua per discutere in merito a “Santa Giovanna dei Macelli” di Brecht e, mentre curiosavo per le stanze, trovai nella sua camera una pila di libri di fantascienza che non mi sarei mai aspettato.”

Archiviata la parentesi fantascientifica, Glauco Mauri ha dato voce ad uno dei più grandi “cattivi” della storia del cinema: il perfido dentista – nazi interpretato da Sir Lawrence Oliver ne “Il maratoneta”. Quella battuta – “E’ sicuro?” – ha tormentato il sonno di qualche milione di persone. Lei come ne è uscito?

“Come ho fatto con tutti i personaggi che ho avuto modo d’interpretare. Ne ho capito le debolezze e i punti di forza, l’ho compreso e poi abbandonato. Non possiamo portarci appresso ciò che non esiste e, i personaggi appunto, non esistono. L’attore deve avere un gran temperamento ma, per dirla con Meierch’old, acquisire una grande capacità di autocontrollo. Se non si è capaci di modulare le proprie energie interpretative, recitare può diventare molto pericoloso.” 

Al termine dell’intervista, mi permetto di estrarre timidamente un cacciavite dalla tasca. “Maestro, potrei chiederle una cortesia?” “Ma certo” “Vorrebbe ficcarmi quest’arnese in bocca ripetendo la battuta di Sir Lawrence Oliver? Mi piacerebbe poterlo raccontare ai miei figli, un giorno” “Tu sei pazzo, credimi. Ma va bene: vieni qua e apri la bocca” “Ahhhhh…”

“E’ sicuro?”

Lucca: Glauco Mauriultima modifica: 2012-03-05T09:37:13+01:00da minobezzi1
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