Fernando Pardini per lacquabuona
Quindi, se parliamo di selezioni e Riserve, dalle prime impressioni e dai primi raffronti io starei cauto nell’affermare il predominio assoluto del 2007. Perché quanto a calor’alcolico non si scherza affatto neanche nei 2007, a fronte però di una espressività già più manifesta (vini più pronti insomma, e per questo ora più godibili), una dolcezza di frutto maggiormente in evidenza (nei casi migliori molto piacevole, nei casi peggiori stufevole) e una trama di bocca più “larga”. Ma poi sapete che c’è? c’è che con ogni probabilità da zona a zona (il Chianti è esteso, si sa) le cose cambiano, da quando ti accorgi che le differenze si fanno più sfumate e lievi in certi casi, più decise in altri. Da quanto degustato fin qui, messa in conto l’aleatorietà di certi cb (campioni da botte) e l’epoca d’assaggio non propriamente ottimale, non mancano di certo i buoni vini nel 2007, ma i Riserva 2006, ivi compresi alcuni fuoriclasse che usciranno sul mercato fra poco e di cui vi racconterò più sotto, dimostrano una profondità, una classe tannica e una persistenza che i 2007 fanno fatica a raggiungere. Più in generale invece non posso non approvare la decisa sterzata stilistica che va ridisegnando il panorama chiantigiano nel nome del buon senso e del nitore espressivo. Concorrendo così non soltanto alla realizzazione di vini più piacevoli e sfaccettati, quanto di vini più ispirati nel tradurre ciò che ci si aspetta da un Chianti Classico, che per essere “Classico” non può fare a meno dell’equilibrio, di generose infusioni di eleganza e di buone dosi di freschezza acida, tanto per dirne tre. La liberazione progressiva dal giogo dei tecnicismi e della concentrazione (forzata o meno) veste di luce nuova (ma sai che fascino antico!) l’idea stessa di chiantigianità. I ritardatari (parlo dei produttori, ma non solo) che non lo hanno ancora capito magari si affrettino.
Annata 2007
Castello d’Albola, se sto al nuovo Chianti Classico 2007 (cb), mantiene dritta la barra lungo la rotta disegnata da qualche tempo a questa parte per i suoi vini, dimentica di ridondanze e diretta al cuore del discorso (leggi terroir, leggi Radda). Perché anche in questo caso si fa leva sull’agilità, pur non potendo contare su un “peso” e su una progressione di caratura superiore.
Di matrice “artisan” e dal fascino “senza età” (gioca e bene su un registro fintamente evoluto), il Chianti Classico 2007 di Castellinuzza e Piuca (per me si è trattato di un riassaggio ) è vino schietto, ben bevibile, asciutto e senza alcun prurito di dimostrare alcunché, se non la sua verace essenza.
Visto che si parla di schiettezza, non dimentichiamoci il buon lavoro – soprattutto in termini di tipicizzazione – svolto della famiglia Grassi in quel di Lamole . Sì perché il Chianti Classico Olinto 2007 de I Fabbri, nonostante la quota di merlot presente nell’uvaggio, non rinnega affatto l’idea di territorio che trapela nitidamente da ogni assaggio dei vini di questa cantina: sono garbo e sottigliezza, polpa e mineralità. Mancano magari le rifiniture di pregio ma son vini che si fanno notare. Così come riesce a farsi notare, checchennedica la brava quota di merlot che si ritrova in corpo (oltre naturalmente al sangiovese), il Chianti Classico San Martino a Selvoli 2007 di Castello di Selvole, cantina gloriosa che sembra finalmente riallacciare il discorso con la compiutezza stilistica. Qui davanti a me ho un vino curato d’accordo, ma fibra ed energia lo tengono ben distante dai manierismi. La cifra tannica poi fa ben sperare per il futuro.
Da ascoltare senza fretta, ché lui non ne ha, Il Classico 2007 de Il Poggiolino, la cantina di Sambuca Val di Pesa i cui vini (Le Balze su tutti) hanno più volte dimostrato carattere e longevità. Perché l’incedere lì per lì appare fin troppo pacifico ma la verve sapida che lo instrada nel finale ne raddrizza le sorti e lascia aperte le porte della curiosità. Curiosità e interesse che non si fa mancare di certo l’atteso Chianti Classico Riserva 2007 di Capannelle (cb), se solo sto alla compostezza, al portamento e alla profondità sottesa di questo bicchiere.
Ancora reticente, quindi da sdilinquirsi nell’eloquio (ma anche qui trattasi di cb), il Chianti Classico Riserva Caparsino 2007 di Caparsa (terroir di Radda), che ha dalla sua una manifattura sicura, una bella materia (dolce e “rotonda”) e nessuna ovvietà. Il che è già un bel vedere.
Come già fu per il 2006, il Chianti Classico Riserva 2007 di Castello di Monsanto dimostra di possedere grazia espressiva, giocando sul candore, la sottigliezza e la florealità. In questo assetto non soffre più di timori riverenziali nei confronti della nobiltà indefessa rappresentata dagli alfieri di casa (Riserva Il Poggio, di cui parlerò più avanti, e selezione Fabrizio Bianchi)
Forse non al livello del 2006, ma pur sempre piacevole, il Chianti Classico Riserva Campoalto 2007 di Casuccio Tarletti (piccola costola produttiva, sponda Castelnuovo Berardenga, della “galassia” vinicola di Bruna Baroncini), mi ispira fiducia grazie al tratto essenziale e alle sottigliezze aromatiche.
Con il rovere ancor da fondersi, ma con una struttura notevole e un allungo decisivo, il Chianti Classico Riserva Le Baroncole 2007 di San Giusto a Rentennano si va ritagliando spazi importanti fra le etichette che contano. E non è una novità.
Non tradisce le aspettative lo storico Chianti Classico Riserva Berardenga 2007 di Felsina, che in fatto di affidabilità non è secondo a nessuno. Sia pur indietro nello sviluppo, palesa buon grip, buona materia e tanta voglia di crescere in bottiglia.
In netta crescita di focalizzazione rispetto all’annata precedente (pur buona, solo un po’ frenata dai tannini), il Chianti Classico Riserva 2007 de La Porta di Vertine (nuova realtà gaiolese da tenere sott’occhio) è vino schietto, pieno, scattante, distintivo. Insomma, un vino veramente ben riuscito.
Dopo il grande exploit del 2006, veleggia su alti livelli il Chianti Classico Riserva Il Campitello 2007 di Monteraponi, fedele traduttore di terroir il cui candore e le cui sfumature giocano maledettamente a favor di immedesimazione.
Qui lo dico e qui lo nego, ripromettendomi un ascolto attento a stretto giro di tempo, ma il Chianti Classico Riserva Seretina 2007 di Monterotondo (minuscola realtà gaiolese di cui ahimé poco so) mi ha colpito davvero. Per il chiaroscuro aromatico e la seriosità della sua trama, pura e terrosa. Da tenere a mente.
Poco leggibile – quanto meno dal punto di vista aromatico – il campione da botte del Chianti Classico Riserva 2007 di Val delle Corti, etichetta di pura razza chiantigiana proverbialmente avvezza a “tempi lenti”. L’assenza di forzature e la dolcezza tannica che trapelano da questo bicchiere mi ispirano fiducia. Da attendere, con altrettanta fiducia, l’imbottigliamento definitivo.
Da Poggio al Sole, il Chianti Classico Riserva Casasilia 2007(cb) dimostra intensità, ricchezza e indiscutibile materia. Solo l’alcol e un pizzico di confezione in più gli negano oggi una vibrazione più originale. L’alcol dice la sua anche nel Chianti Classico Riserva 2007 (cb) di Savignola Paolina, ma in quella sua veste così espansiva, colloquiale ed elegante si fa rispettare.
E vi dirò, non mi è dispiaciuto nemmeno il Chianti Classico Riserva Montegiachi 2007 degli Agricoltori del Chianti Geografico, una cantina (peraltro sociale) che non sarà in testa ai pensieri (e ai cuori) degli enophiles più smaliziati ed esigenti ma che comunque si muove sempre nell’alveo di una dignitosa caratterizzazione di stampo chiantigiano, senza ricorrere a scorciatoie tronfie o impersonali. Il che, con i numeri in gioco, non è cosa da poco. Qui vi parlo di un vino ben definito e ben scandito, che non nasconde l’alcol così come non nasconde la cura enologica, aspetti che si integrano però efficacemente in un quadro tutto sommato equilibrato e gradevole.
Chiudiamo con il Chianti Classico Riserva 2007 della Tenuta di Arceno, di buone profondità e definizione. Qualche tratto oltremodo severo al gusto non lo allontana dall’obiettivo: “sapere” di Chianti.
Riserva 2006