E’ grazie alla caparbietà che si è andata costituendo progressivamente, ma inesorabilmente, una realtà agricola di tutto rispetto che non si è mai adagiata sugli allori ma ha saputo percorrere con crescente consapevolezza tutte le tappe di avvicinamento al vino d’autore, con i passaggi obbligati, le strettoie, i cambi di marcia, le necessità. Si è andati sempre “a tempo” qui a Montellori, coerentemente con una presa di coscienza che ha poi letteralmente tramutato gli “intendimenti” in materia vitivinicola a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, quando la campagna toscana fu rifondata nel nome di una agronomia dal volto nuovo. Tappe che qui a Montellori sono state segnate sostanzialmente dalla progressiva acquisizione di un parco vigneti variegato, disposto sia a Cerreto Guidi che nel Montalbano (sempre sponda fiorentina), fino ad estendersi nella San Miniato pisana. Ciascun appezzamento è caratterizzato da esposizioni, suoli e condizioni pedoclimatiche diversificate, tali da assecondare le intuizioni dei proprietari che, a seconda dei casi, si sono orientati sulla messa a dimora di varietà differenti e sulla produzione di differenti tipologie di vino.
Salamartano 2010 (campione di botte)
Compatto, pieno, giovane & giovanile. Qualche risvolto selvatico e indisciplinato apre ad un profilo tenace, polposo, di carattere più che di sfumatura. Media la freschezza ma vino in fieri. Chiede tempo (ma và?!).
Salamartano 2009 (65% CS, 25% CF, 10% M) -in bottiglia da aprile 2011-
Frutto ben impresso ed erbe aromatiche ad impreziosire un quadro gioviale, arioso, accogliente. Al palato si libra e scorre. Non una idea di peso e volume qui, bensì un senso di inattesa e salvifica “leggerezza”, senza che perda tensione nella trama e sfaccettatura nei sapori. Flessuoso, equilibrato, dinamico, elegante. Il pelo di ciccia in più, che forse gli manca, non è che lo rimpiangi poi tanto.
Erbe selvatiche e spezie in compendio affascinante, “scuro” quanto basta alle ragioni della visceralità, senza sfiorare cupezze. Bella sinuosità e dolcezza se lo bevi, tannino finalmente maturo e setoso, tatto e gusto avvolgenti. Davvero un bel conseguimento.
Salamartano 2007 (65% CS, 25% CF, 10% M)
Se ne esce un lato esotico floreale più esplicito e accattivante, emergono una sincera vena speziata e una buona freschezza di fondo. Tannino ancora impettito ma senza tracce asciutte. Liquirizia sul fondo, e doga leggera, ma ottime finezza e completezza.
Salamartano 2004 ( 60% CS, 40% M)
Naso più “levigato” e meno abrupt del 2001 (vedi sotto); spunta con maggiore evidenza la dolcezza di frutto, ben modulata dalla scia speziata e da una delicata sfumatura vegetale, senza mai assumere toni esacerbati. Coerente al palato, dimostra soltanto un tannino rigido e risoluto. Insomma: linearità, accoglienza, qualche freno negli allunghi e un buon sapore da regalare.
Salamartano 2001 ( 50% CS, 50%M)
Senti qui un cabernet terroso, balsamico, maschio. Decisamente speziato, con la sua forte impronta mineral-ferrosa da mettere sul piatto dei ragionamenti, ha un bel caratterino aromatico, non c’è che dire. Spessore, fermezza e visceralità. Così al gusto. Quel tatto un po’ polveroso non nasconde una freschezza che è viva, mentre la tensione e la spinta non imprimono forse le accelerazioni desiderate.
Salamartano 1998 ( 50% CS, 50%M)
Vino silente, timido, qualche vacuità nei sapori, qualcosa che manca da centro bocca in avanti. Però non puoi volergli male, per quella cordiale ingenuità, quella morigerata dolcezza, quel carattere riflessivo. Tutto men che furbo o infingardo. Figlio dell’annata sua, questo è, non troppo incisivo magari, tale da restare un po’ ai margini, dall’allungo “brevilineo” e dal tannino che smagrisce. Ma in fondo vino sincero, che solo risente di una annata non propriamente al top.
Salamartano 1997 ( 50% CS, 50%M)
Da un naso tutto sommato compresso emerge una nota di caffè. Senti che c’è ciccia, materia, calore. Più largo che teso, assume un tratto gustativo levigato e meno selvatico di quanto non sembrerebbe, anche se manca di una caratterizzazione più spinta o del dettaglio atteso. Buona, sentita direi, la dolcezza del frutto nel finale. Accogliente, “pacioso”, simpatico, anche se non troppo sfaccettato.
Salamartano 1996 (50% CS, 50%M)
Reticente al naso, “scuro”, sottoboscoso, d’indole somiglia al ’94 pur apparendo oggi assai più cupo e rigido. Tonicità e sapidità non mancano. Eppure non intende sciogliersi né lasciarsi andare. Nel suo guscio. Anzi, nella sua scorza.
Salamartano 1994 (50% CS, 50%M)
Ritroso e remissivo di prim’acchito -sono ricordi sfumati di terra e caffè- si scuote d’un tratto sciorinando un volitivo carattere erbaceo, tale da marcarne l’incedere. Tenace e diretto, ancor oggi come ai tempi dei miei primi assaggi ho qui un rosso grintoso e di temperamento. Più toscano che “supinamente” o banalmente bordolese. Senza smargiassate e senza fronzoli, è vino viscerale e bellamente sapido.
L’ultima bottiglia rimasta, l’ultima magnum, della storica (e soffertissima) prima annata. Tanta esclusività in questo assaggio. Molteplici i segni sottesi. Il ricordo che lascia di sé è struggente, la terziarizzazione ha instradato il sapore connotandolo secondo un fascinoso mélange di ispirazione bordolese: stimoli erbacei si fondono con una girandola di spezie orientali, incenso e terra. Bella la dolcezza del frutto, che distende le trame senza acquietarle. Vino elegante, compunto, maturo, docile ma non seduto. Finale orgogliosamente speziato per un rosso che ha segnato una rotta. Ed è un segno che resta.
Foto (in ordine di apparizione): bottiglie; Alessandro Nieri; bottiglie; esterni (foto di Agostino Osio); “Verticale” – scultura con bicchiere blu – di Remo Salvadori; “Stella” di Gilberto Zorio