Prato: Lo sfogo di un pratese di Tunisia

In Tunisia sta per diventare operativo un intero impianto di rifinizione e carbonizzo, al cento per cento pratese. Pratese l’impianto, pratese il capitale, pratese il management commerciale e tecnico.

Gli operai no: a differenza di quel che avviene a Prato non saranno pratesi, maghrebini, cinesi, pakistani, senegalesi e di altre nazionalità. Saranno solo maghrebini che parleranno tutti la stessa lingua e non saranno costretti ad emigrare, magari come clandestini, per trovare un lavoro.

Con questo impianto si verificheranno due circostanze. La prima: potranno essere rifinite le pezze ad un prezzo che potrà far recuperare quote di mercato importanti per il prodotto pratese. La seconda: l’enorme numero di confezioni presenti in Tunisia, per lo più façonisi per conto di marchi italiani, francesi e tedeschi, permetterà ai committenti che attualmente acquistano tessuti già finiti da mercati terzi, di acquistare i cosiddetti “basici” da poter via via rifinire a seconda delle esigenze del mercato.

Abbiamo segnalato questa situazione da tempo. Pensavamo che sarebbe stato quanto meno intelligente, da parte dei politic e delle maggiori associazioni di categoria, prenderne atto e cercare di essere presenti a questo vero e proprio evento. Chiunque operi nel tessile sa quanto sia strategico sotto il punto di vista logistico poter disporre in loco di un impianto di rifinizione. E’ il cuore pulsante della filera del tessile. Con la rifinizione e il carbonizzo si dispone del necessario per poter dare un senso a impianti di filatura, di tessitura etc.

Non c’è bisogno dell’intelletto di Einstein per comprendere quali siano i vantaggi che derivano dal fatto di trovarsi in un paese nel quale, in un territorio che non raggiunge le dimensioni di una regione media italiana, operano centinaia di piccole e medie imprese del settore manifatturiero tessile-confezioni. Questi fatti li abbiamo segnalati, da tempo e per tempo, invitando politici, amministratori locali e rappresentanti delle associazioni di categoria a venire a vedere di persona.

Dialogare con questi imprenditori pratesi presenti qui per cercare di governare in qualche modo questo fenomeno avrebbe potuto voler dire salvare posti di lavoro a Prato, permettere a molte piccole e medie imprese del settore di non chiudere completamente. Nulla da fare. Silenzio assoluto.

Prato è sempre la stessa. Si va da Santoro a biascicar le solite litanie, vecchie come il cucco, e a dire banalità prive di qualsiasi buon senso, come il lamentarsi del fatto che ci si rivolge al mercato del lavoro tunisino, per esempio, facendo intendere esattamente il contrario di ciò che corrisponde a verità, e cioè che è proprio grazie al fatto che in Tunisia possiamo avvalerci di una mano d’opera che, contributi compresi, costa dieci volte meno, e che si possono salvare posti di lavoro in Italia trasferendo reparti che non si riesce più a tenere in piedi. Si va da Santoro e non si viene a vedere cosa sta succedendo qui, a cinquanta minuti di volo (un po’ meno che per arrivare in Sicilia) per comprendere da vicino, per cercare soluzioni.

E non si creda alle baggianate: un operaio, contributi compresi, costa dieci volte meno perché la vita è trenta volte meno cara e perché lo stato non esercita il racket sugli stipendi trattenendone oltre metà con la scusa di garantire servizi e assistenza inesistenti o quasi. Sarebbero molte le cose da dire. Ma a questo punto meglio lasciar perdere i piani alti. Meglio parlare direttamente alla gente, a chi legge queste righe e pensa concretamente a cosa potrebbe essere fatto. Questo giornale è a disposizione dei lettori e ai lettori, e solo a loro, risponde.

Certo, piange il cuore se pensiamo che l’Unione Europea mette a disposizione ingenti risorse finanziarie per la cooperazione internazionale con la riva sud del mediterraneo, e che con queste risorse potrebbero esser sostenuti progetti di cooperazione con i quali si salverebbero tanti posti di lavoro a Prato.

Ma per fare questo bisognerebbe poter contare su un rappresentante che, a Strasburgo e a Bruxelles, sia in grado di far sentire la voce di Prato. Cos’han fatto, invece di far questo, i mandarini dei partiti, i faraoni della politica, i gran feudatari delle segreterie dei partiti? Ci hanno forse chiesto se avevamo qualcuno da proporre per il parlamento europeo? Si sono forse preoccupati di cercare persone in grado di dialogare in modo diretto con la realtà locale per rappresentarla in seno all’UE? A parte il gratificare i propri famigli, per il resto si son comportati come le stelle.

E le stelle, si sa, stanno a guardare.

 

Prato: Lo sfogo di un pratese di Tunisiaultima modifica: 2009-05-28T09:35:00+02:00da minobezzi1
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Un pensiero su “Prato: Lo sfogo di un pratese di Tunisia

  1. Più che di uno sfogo, mi sembrerebbe -semmai- appropriato (e anche un po’ più rispettoseo nei confronti di chi scrive) parlare di denuncia. Chissà perché in questo benedetto paese, ogni volta che qualcuno scrive in modo non ossequioso nei confronti dei vari feudatari, c’è sempre qualcun altro che cerca di minimizzare tutto insinuando l’idea secondo la quale chi denuncia qualcosa lo fa per dare sfogo ai propri umori. Personalmente, quando mi assale la tentazione di “sfogarmi” rinuncio sempre a dar seguito all’istinto. Ma tant’è: quidquid recipitur, admodum recipientis recipitur…

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