Firenze: Zoè Gruni

fino al 21.XI.2009
Zoè Gruni
Firenze, Il Ponte

La vetrata della galleria si spalanca su un singolare armadio. A destra i copricorpo, a sinistra i copricapo. Appese come costumi, grandi foto sospendono momenti salienti di un vero e proprio spettacolo…

 

 

Il set è ben studiato, la scenografia semplice, quasi minimalista, l’immagine pulita, scattata con mano sicura e occhio acuto. Un lavoro interessante quello di Zoè Gruni (Pistoia, 1982), giovane artista che la Galleria Il Ponte segue da circa due anni.
Nella sala principale sono allestite tredici opere, in quella inferiore il video digitale Metacorpo 2009, che spiazza il visitatore e lo coinvolge al punto da reiterare la visione. Nelle immagini si delinea un ammasso di carne che spasmodicamente tenta involontari movimenti. Sembrano inconsulti gesti di un corpo morente. Non s’intravedono arti superiori e “la cosa” appesa si delinea in un secondo tempo come un ammasso di carne attaccato a testa in giù a un invisibile soffitto.
L’attenzione sensoriale è stimolata a fondo e lo stesso sonoro incuriosisce. Pian piano si raffigura un corpo umano con un copricapo di setole che, a guisa di scopa, muove e sposta lo strato di granturco sparso sul pavimento. Gli spasmi si susseguono quasi in un crescendo di disperazione espressiva di personalità, qualunque essa sia. Senza mediazione linguistica, il corpo si muove in “una sorta di pre-espressione” e di “partecipazione alla vita delle cose e degli eventi”, come dichiara la stessa artista.
Questa personalità cerca il proprio spazio nel caos della memoria e nell’urgenza espressiva dell’artista; si delinea inizialmente indistinta, per poi assumere la nitidezza di opera compiuta nella fotografia. I rimandi all’antico, al mondo contadino, ai suoi valori e alle sue celebrazioni collettive si esprimono, ancor prima che nelle immagini, nella scelta del materiale che i soggetti delle opere indossano. Materia povera e funzionale, la canapa è consistente, corposa ma docile. E aiuta a rendere il concetto di contenitore, di struttura avvolgente in varie situazioni e in diverse individualità, come il Vescovo, il Guerriero, la Sposa, il Giudice.
Le immagini interagiscono fra loro come nell’antico rito della veglia e il contenitore assurge a ruolo di Metato (antico essiccatoio toscano per castagne), rifugio e luogo di convivialità.
L’espressione interattiva è stata realizzata attraverso l’opera teatrale Conversazione con la pietra (2007), che Zoè Gruni ha portato nella vecchia cava dismessa di Roselle. In un secondo tempo, l’elaborazione e la fusione d’immagini soggettive con le forme della memoria collettiva hanno fermato la visione negli scatti. Il risultato finalmente carpito e definito dà all’artista “l’illusione di riuscire a dare un po’ di sintesi al caos”.
Nella serie dei Copricorpo, il palco è un tetto grigio al di sopra del quale si staglia un cielo altrettanto plumbeo e nuvoloso. Il solo “oggetto-soggetto” di vitalità è la rosea espressività della pelle e i tocchi di rosso sulla canapa dell’indistinto corpo.

Nella serie dei Copricapo v’è più grinta nello sfondo, ma l’immobilità dei personaggi riporta all’enigma della conoscenza, che è desiderio e sforzo di comunicazione, ma anche difficoltà interattiva e partecipativa.

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Firenze: Zoè Gruniultima modifica: 2009-11-04T10:07:53+01:00da minobezzi1
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