Bolgheri (LI): Michele Satta

Leonardo Mazzanti per lacquabona 

 

Proprio come il merlot e il cabernet, vitigni principali della denominazione bolgherese – alloctoni appunto – anche Michele Satta, varesotto dal cognome sardo, ha trovato il suo terroir ideale in quel di Bolgheri. Come nelle migliori vigne Michele ha affondato le radici in profondità assimilando tutto il potenziale offerto da questa terra meravigliosa.

Ma andiamo con ordine… l’incontro col produttore e i suoi vini è avvenuto grazie alla Fisar Livorno; inevitabilmente la lodevole iniziativa ha riscosso sì tanto successo da andare sold out nel giro di pochi giorni con conseguente grande richiesta di “bis”, oltre l’introduzione e la chiusura di Michele, la degustazione brillante dei vini di Riccardo Margheri.

Michele ha ripercorso i passi fondamentali della sua vita soffermandosi su alcuni anni decisivi della sua crescita umana e professionale. Il primo amore per queste zone è nato da bambino-turista quando veniva in vacanza con la famiglia; poi si è rinforzato nel 1974 quando, a cavallo tra le scuole superiori e la facoltà di agraria, ha preso parte alla sua prima vendemmia bolgherese.

Gli studi finiscono ed inizia il lavoro, nel 1984 il desiderio di una vita “uscio e bottega” lo porta a fare il grande passo: da dipendente – direttore di azienda – ad imprenditore. Cosa inimmaginabile oggigiorno affitta il vigneto per una cifra inferiore ad un terreno coltivato a verdura, d’altronde il “fenomeno” Bolgheri non era ancora esploso. L’esperienza la fa sul campo (vero e proprio) e così di vendemmia in vendemmia (e non solo) entra nella fase matura: corre l’anno 1994, i vigneti sono stati plasmati al suo ideale, alla espressività del territorio e alla qualità che, nella sua visione, altro non è che fedeltà al vigneto stesso. Ultima tappa quella che stiamo attualmente vivendo, dove la sfida maggiore è rappresentata dal confronto col mercato globale e i prezzi irrisori a bottiglia che offre.

Michele passa poi a sottolineare alcune caratteristiche del microclima bolgherese fondamentali per i riflessi sul vino: anzitutto il forte aspetto mediterraneo con la tipica “macchia” e la vicinanza al mare, quindi il terreno molto ricco e variegato con sedimentari sovrapposti nelle ere ed infine i giochi delle correnti ventose con le colline che delimitano la zona ad est. Prima che qualcuno lo faccia presente spiega che i vigneti sono praticamente solo in pianura perché le colline, di solito il lotto più ambito in altri posti, risultano troppo aride d’estate (fino a quando qualcuno non sarà “costretto” ad andarci pur di stare a Bolgheri, n.d.r.).

Passando ai vini, Satta vanta diversi primati legati a questa area ma il più importante è senza dubbio legato al suo sangiovese. Unico nella DOC, Michele ha perseguito l’amore viscerale per questo vitigno suscitato dall’assaggio di alcuni vini simbolo della tipologia (Pergole Torte e Soldera delle annate ‘85 e ‘88, come non capirlo…), indifferente a chi sosteneva che “è troppo caldo per il sangiovese”, poiché il vino è il risultato del legame inscindibile dell’uva e del lavoro dell’uomo, ha continuato imperterrito a curare un vitigno piuttosto difficile che necessita di un’attenzione costante; alla fine ha avuto ragione lui, la sua caparbietà è stata premiata con un vino, il Cavaliere, che è uno dei migliori di Bolgheri e dei sangiovese in purezza. Ovviamente, seguendo il disciplinare della DOC, non potevano mancare merlot e cabernet, ma nemmeno altri vitigni (Michele dispone di una vigna sperimentale dove dare sfogo alle proprie voglie/curiosità) tra cui viognier e syrah – quest’ultimo piantato a seguito di un’altra infatuazione, quella per i magnifici vini di Guigal – a dimostrazione che Bolgheri non è buona solo per un uvaggio bordolese. Le sue scelte sono state dettate unicamente dalle passioni, mai da aspetti meramente commerciali come purtroppo avviene sempre più spesso; un aneddoto può rafforzare il concetto: alla ricerca di una spalla nella produzione di sangiovese, giusto per non essere più l’unico, chiese ad un noto produttore, da poco arrivato a Bolgheri, di condividere tale particolarità. La pronta replica, fosse stato Clark Gable in Via col vento sarebbe stata la celeberrima frase: “francamente me ne infischio!” ma, dato che non siamo ad Hollywood, più semplicemente costui gli rispose che di vitigni su cui penare ne aveva avuto a sufficienza e che qui era venuto per fare cassa…

Prima delle note dolci della degustazione trovano spazio un paio di riflessioni che lasciano un po’ di amaro in bocca: la prima si ricollega a quanto prima menzionato, il futuro di Bolgheri probabilmente sarà meno roseo del previsto a causa di una mancanza di tradizioni, di unità tra i produttori sempre più investitori che contadini; da bravi italiani la scommessa non sarà dove poter arrivare insieme ma su chi mollerà prima. La seconda è un’accorata battaglia culturale contro la tolleranza zero dell’alcol, la caccia scriteriata all’untore/bevitore, l’ottusa volontà di reprimere gli effetti imponendo limiti di tasso alcolico da astemici. Ahimé, sono discorsi purtroppo ben noti, meglio parlar dei vini.

lacquabona

Bolgheri (LI): Michele Sattaultima modifica: 2010-02-04T11:59:00+01:00da minobezzi1
Reposta per primo quest’articolo