……..e ancora Lucca: Pierdomenico Baccalario

 Federica di Spilimbergo per loschermo

I ‘Tessitori di Sogni’ sono sbarcati a Lucca con il loro bagaglio di potenziali romanzi di successo. Un sogno che per quatto di loro diventerà ‘di carta’, poiché l’Atlantyca entertaiment – l’agenzia di Pierdomenico Baccalario – ha annunciato che quattro progetti nati dal workshow verranno pubblicati. E’ proprio Pierdomenico Baccalario, scrittore fantasy per ragazzi tra i più letti in Italia e tra i più tradotti e docente del corso che si sta svolgendo a Lucca, che ci spiega questo progetto.

Qual è la peculiarità del progetto ‘Tessitori di sogni’?
«La peculiarità del progetto è che i partecipanti sono stati selezionati per le qualità che hanno espresso e, senza colpo ferire, due delle opere che hanno realizzato sono già sui tavoli dei maggiori editori italiani per valutarne la pubblicazione. ‘Atlantyca’ si è inserita in questo progetto con un’esperienza editoriale molto forte, per migliorare i progetti che erano già arrivati. La cosa che adesso stiamo facendo fare loro collettivamente è un progetto che nasce dall’alto, dalla mia società, ‘Atlantyca’ appunto, che loro stanno scrivendo e costruendo, con la prospettiva della pubblicazione».

La pubblicazione, in contesti quali quello di un workshop, non è affatto scontata…
«No, la pubblicazione non è una cosa così scontata: loro sono nove e, ovviamente, non tutti arriveranno a questo traguardo. Ottimisticamente, però, ritengo che quattro arriveranno alla pubblicazione. Nella peggiore delle ipotesi, sicuramente due saranno pubblicati. Quello che come ‘Atlantyca’ stiamo facendo è far sì che ognuno di loro abbia un buon progetto da presentare a una casa editrice. ‘Atlantyca’ è un’agenzia, quindi, lavora con le case editrici e siamo sicuri che, date le qualità umane di questi ragazzi, ognuno di loro, alla fine, avrà un progetto, magari diverso da quello con il quale si sono messi in gioco. In questa settimana, hanno imparato che esistono diversi aspetti del lavoro attorno a un libro: c’è chi vende il libro all’estero, chi lo inventa senza scriverlo, chi corregge le bozze e alcuni di loro hanno scoperto che non sono scrittori ma che sono persone che intervengono su scritti fatti da altri. Il vero obiettivo è che questi ragazzi entrino nel mondo dell’editoria, alcuni senz’altro come scrittori e altri facendo altri lavori che hanno scoperto questa settimana».

Lo scopo, quindi, non è creare per forza scrittori, vero?
«E’ importante capire che non esiste più l’autore che scrive e va dalla casa editrice e pubblica, ma capire che c’è lo scrittore che ha un’idea e che questa deve essere migliorata da persone che lo aiutano in questo compito. Magari capire che non si è scrittori, ma si è molto più bravi a correggere quello che hanno scritto altri. E anche che gli scrittori addirittura non pubblicano quello che hanno scritto ma sono a loro volta aiutati. Il libro è un lavoro d’equipe. La specificità della mia agenzia è che lavora con i ragazzi e con la letteratura per ragazzi: non tutti quelli che hanno partecipato al workshow erano autori per ragazzi: alcuni di loro lo diventeranno, altri probabilmente no, ma abbiamo raccontato loro un mondo che non conoscevano».

Com’è scrivere per ragazzi? In cosa differisce dallo scrivere per ‘più grandi’?
«Si tratta di tecniche di scrittura completamente diverse. C’è  bisogno di una grandissima professionalità abbinata ad una correzione a volte maniacalemente giusta da parte delle case editrici. Il controllo dei contenuti è molto diverso nella letteratura per ragazzi. In quella per adulti hai una libertà espressiva totale, ma, al tempo stesso, puoi raccontare anche cose tutto sommato non interessanti. I ragazzi invece vanno foraggiati, fatti crescere, quindi sono molto più difficili e molto più esigenti».

E’ stimolante scrivere per ragazzi?
«E’ meraviglioso, la cosa più bella che mi poteva capitare, soprattutto quando diventano ragazzi, ad esempio, indonesiani.

Qual è l’ambientazione fantasy che preferisci?
«Mi piace sempre ‘insegnare’ ai miei lettori che la realtà è più fantastica di qualsiasi ambientazione fantasy. E’ la nostra ambientazione fantasy naturale: tutto sta in come la vedi e in tutti i miei libri do l’idea magica che è semplicemente il mondo che ti sta intorno ad essere magico, che sei tu ad essere magico, perché sei vivo, ti muovi, sei curioso. La magia sta ovunque attorno a noi. Sta in una finestra che si chiude, in una luce che si accende a un certo punto. Se non ti accorgi di questa magia, ti annoi e sei noioso tu. Questo è il fantasy: è l’evasione dal vedere la realtà come grigia noia. Non è un’evasione intesa come fuga, ma un’evasione positiva, allegra, che dà coraggio.  Il fantasy ha preso piede tra i ragazzi perché ha una componente di eroicità ed epicità che da troppo tempo mancava. Se dell’antichità sono sopravvissuti l’Iliade e l’Odissea è perché  si è sempre avuto un sogno di eroe e di persona che possa cambiare il mondo. Nel mondo di oggi i ragazzi hanno l’idea che non ci sia più niente da scoprire e niente da fare, perché tutto è già stato fatto, e mancano un po’ di eroi e allora se li vanno a cercare in mondi fantastici».

Il cinema, in questo successo, ha avuto un ruolo importante?

«Nell’immaginario visivo senz’altro. A volte non in senso positivo perché c’è il rischio della strumentalizzazione dell’immagine: tutti vedono il risultato finale e fantasticano meno. Però, per mia esperienza, ogni volta che parlo con dei ragazzi che hanno letto un libro e visto il film, dicono che hanno preferito il primo. Questo perché il libro ha un senso del tempo diverso che non ti fa subire la storia, ma ti dà modo di crearla tu stesso».

In Italia, il fantasy sta vivendo un momento fortunato: come vedi la sua affermazione?
«Per fortuna non si parla più di fantasy politico, come negli anni Ottanta o Novanta, in cui Tolkien era di destra e un altro autore era di sinistra: cose folli. In questo momento c’è moltissima produzione fantasy e in questi ultimi due anni, la tendenza è sul dark e sull’horror, come il caso Meyer e i vampiri insegnano. Ma siamo sempre lì: si cerca qualcosa che dia emozioni. In un mondo un po’ noioso e un po’ troppo digitale, forse ci vuole proprio questo. E, infatti, l’altro filone è che va di moda quello romance, quello, cioè, di amori più o meno adolescenziali, letto da persone che non lo ammetterebbero mai e se ne vergognano, ma che così ricominciano a sognare con i tempi del liceo e dei primi amori. Ma alla fine, perché non dovremmo sognare come diavolo vogliamo?».

C’è stato un cambiamento nel mondo dell’editoria, in questi anni?
«Uno dei problemi italiani, negli anni passati, è stato che che il libro doveva essere per forza impegno e questo, purtroppo, ha fatto abbassare il numero di lettori. Adesso, c’è una maggiore libertà, forse legata ad un abbassamento dei contenuti, per far entrare più persone nel mondo del libro. Un abbassamento che ha fatto avvicinare più persone alle lettura. Ho sempre la speranza che anche un libro non bello sia sempre meglio di un non-libro. Penso che un libro di contenuto basso, faccia un piccolo lettore che poi potrà crescere. Certo, perché questo succeda, non deve comprarlo dove ci sono libri e basta, ma dove ci sia un libraio che dia consigli».

Una sorta di ‘cultura del consiglio’, insomma, ma esiste ancora?
«Se chiudi le librerie la perderai. I libri non sono oggetti da supermercato, che compri come gli ortaggi, la frutta o i detersivi. Ma alla fine anche su frutta e detersivi ricevi i consigli degli amici che ti dicono cosa è meglio o dove la trovi più fresca. Mi fido molto dei consigli, io leggo sulla base dei consigli di persone che mi piacciono che mi dicono di aver letto qualcosa e in questo modo scopro autori nuovi».

 

……..e ancora Lucca: Pierdomenico Baccalarioultima modifica: 2010-02-12T11:12:00+01:00da minobezzi1
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