Livorno: Claudio Frontera rivede Ovosodo


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Ho rivisto Ovosodo

Ho rivisto “Ovosodo”, ieri sera su Iris. Non lo rivedevo da tempo, dopo averlo visto tante volte. La prima in occasione della presentazione al Festival del Cinema di Venezia nel 1997, seduto in sala insieme al regista e a tutto ilcast e ricordo con emozione il grande lunghissimo applauso alla fine della proiezione, primo test del successo che registrò il film, ottenendo poi anche il Premio Speciale della Critica. Ho riletto anche la recensione che scrissi a caldo per il Tirreno, uscita col titolo “Nella favola di Piero c’è il cuore di Livorno”.

Ovosodo è un film bellissimo, fresco e maturo insieme, nel quale gli attori sono tutti bravi, la sceneggiatura di Francesco Bruni scorre deliziosa, pulita e graffiante e ogni cosa ha la giusta luce. Ma soprattutto si sente la mano felice di Paolo Virzì, che con questo film è entrato a pieno titolo nel novero dei migliori registi italiani e che di “Ovosodo” è totalmente l’autore, che racconta la storia che doveva raccontare, della sua Livorno, della sua generazione, del suo sguardo sulle cose, trovando il “suo” stile, quel “realismo poetico” che osserva le ose e le persone semplici e umili con profondità e un leggerissimo alone favolistico e magico, uno stile che racchiude gli insegnamenti di tanti maestri del cinema, ma è anche fresca e personale sensibilità, divenuta poi la cifra distintiva, lo stile di Virzì.
Livorno ha amato e ama questo film, perché, come scrivevo quindici anni fa, ha riconosciuto in quella storia alcuni tratti più profondi del suo carattere. L’ironia, la fantasia, l’amicizia, la caotica trama della vita, a volte grottesca, a volte delicata.
Rivisto a distanza di tanto tempo “Ovosodo” regge e conferma le sue qualità, ma suggerisce anche alcune riflessioni. La prima è che la Livorno di allora se non più bella, era più fiera e più allegra di quella di oggi. In Ovosodo l’Ospedale, Villa Fabbricotti, il viale Italia, la pizzeria Tomei, il prato della Fortezza Nuova, Fiorentina, il Romito sono luoghi dotati di un fascino particolare, fatto soprattutto di semplicità, essenzialità, quasi una classicità provinciale. La seconda riflessione riguarda una generazione di livornesi che ha fatto volare la nostra città, il suo appeal, in Italia e all’estero. Livorno, grazie ai film di Virzì, si è scrollata di dosso quell’alone di marginalità che tanto le è pesato. Toccato dalla mano di un artista come lui (e con lui Francesco Bruni e tutti gli altri collaboratori) il provincialismo livornese è diventato autenticità, le ristrettezze, decoro, la insofferenza per gli schemi, aristocratica dignità popolare. E come non essere grati di questo enorme regalo ! Resta un po’ di ammarezza perché il coraggio intellettuale di questa generazione, che ha unito gli U2 e la torta di ceci, la colta finezza letteraria alla battuta e alla commedia, il gusto visivo delle performance artistiche con il paesaggio di una città ottocentesca, questo coraggio non si vede quasi più. Ha risentito del passare del tempo. E se il film rivisto oggi sembra girato adesso, ma il progetto di una commedia popolare colta e di una cultura popolare postmoderna, sembrano lontani. Il mio amico Toto Barbato, attore in Ovosodo mi aveva mandato via internet, tempo fa, le fotografie della serata della prima proiezione del film ai Quattro Mori, e di quando, dopo al proiezione, salimmo su un palchetto nella piazza antistante, per salutare Paolo con un concerto e tanti commenti. C’era con noi Roberto Benigni, che, con il suo intervento, rese indimenticabile quella serata. Toto aveva aggiunto alle foto solo un breve commento: “Bei tempi”. Come non essere d’accordo ?

Livorno: Claudio Frontera rivede Ovosodoultima modifica: 2012-02-09T15:22:00+01:00da minobezzi1
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