Prato: Al posto dei vecchi bottegai, cinesi, indiani, pakistani e magrebini

Avanza l’imprenditoria straniera. Il rapporto Ethnoland ha recentemente fornito dati a livello nazionale e regionale, ponendo l’accento sull’aumento del numero di imprese gestite da extracomunitari. In Toscana – dice il rapporto – un’azienda su trentatré parla straniero e si tratta di un’incidenza che supera la media italiana.

Un vero e proprio fenomeno con il quale la provincia di Prato si misura ormai da anni. Alcuni numeri: nel 2005, su un totale di 8.355 aziende del turismo e del commercio a livello provinciale, 986 erano straniere (11,80 per cento); nei primi sei mesi del 2007 le aziende gestite da stranieri erano 1.150 (oltre 500 in mano ai cinesi, unica etnia riferibile all’Asia orientale), a testimonianza del ritmo con cui sale il numero; prendendo a riferimento il 2005 e il 2008, il saldo delle attività del commercio e del turismo è attivo, se ne contano rispettivamente 8.355 e 8.475, ma a fronte della cessazione di aziende italiane si rileva l’avvio di aziende straniere.

In sostanza, si potrebbe dire che il commercio resiste grazie agli stranieri. Scorrendo i numeri degli iscritti ai corsi dell’Unione Commercianti per il conseguimento del Rec (titolo indispensabile per aprire un’attività alimentare e di somministrazione di bevande e alimenti), nel 2007 su un totale di 59 risultavano 9 stranieri, mentre nel 2008 su un totale di 55 gli stranieri sono stati 10.

Ad intraprendere la strada della ristorazione, compresi i kebab, e dei pubblici esercizi sono in particolare cinesi e pakistani, mentre i nordafricani (senegalesi e nigeriani in prima fila) aprono negozi alimentari che per la maggior parte sono destinati ad “uso interno”, ossia quasi mai vengono frequentati da etnie diverse. Quando si parla di settore del commercio e del turismo non si intendono solo ristoranti, bar e alimentari – basta vedere i call center e gli internet point ormai esclusiva degli stranieri: nel 2007 sono stati almeno il 20 per cento del totale degli iscritti, gli stranieri che hanno partecipato ai corsi professionalizzanti e abilitanti organizzati dall’Unione Commercianti. Ci sono, infatti, anche stranieri che tentano la carriera di mediatore immobiliare, oppure di agente e rappresentante del commercio.

Una possibile mappa delle professioni, dice che pakistani, cinesi ed egiziani si incontrano soprattutto ai corsi Rec, mentre i romeni si interessano al settore immobiliare che vede un forte coinvolgimento anche dei cinesi.

Non basta presentarsi all’Unione Commercianti e chiedere di poter iscriversi al corso, occorre conoscere la lingua italiana. Può sembrare scontato e banale, in realtà non lo è affatto. L’associazione si è dotata di una sorta di autoregolamento: segue i corsi solo che dimostra di conoscere e comprendere l’italiano. In che modo? Agli stranieri viene fornita una delle dispense utilizzate per le lezioni, viene chiesto di leggere a voce alta e poi di fare un sunto. Qualcuno si iscrive, altri vengono indirizzati allo Sportello di alfabetizzazione per stranieri del Comune di Prato dove i corsi di italiano sono gratuiti.

L’Unione Commercianti punta sulla professionalità, specie quando si tratta di conseguire il Rec: ci sono norme dettagliate sulla sicurezza e sulla manipolazione degli alimenti, regole che poi si riflettono sulla sicurezza del consumatore e dunque c’è la massima attenzione. Su questo punto c’è da aggiungere che l’associazione si organizza in proprio, in quanto il decreto Bersani non contempla certo un controllo in questo senso; oggi è sufficiente una Dichiarazione di inizio attività per mettersi in proprio e se poi il pizzaiolo non parla l’italiano, poco importa.

 

Prato: Al posto dei vecchi bottegai, cinesi, indiani, pakistani e magrebiniultima modifica: 2009-03-08T19:44:00+01:00da minobezzi1
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