Pisa: Book Festival (o meglio Festa del Libro) 2009

Al via oggi fino a domenica 11 ottobre la kermesse d’eccellenza dell’editoria independente (170 editori ospitati quest’anno). Il Pisa Book Festival è un evento ormai di rilievo nazionale, e presenta per la sua settima edizione un ricco carnet di novità e di iniziative. L’edizione 2009 prevede, tra l’altro, due sedi: il Palazzo dei Congressi, presso il quale si svolgerà la tradizionale esposizione degli editori, e la Stazione Leopolda, che ospiterà il “Pisa Book Junior”, evento dedicato ai ragazzi e al mondo della scuola.

Ma al di là dell’evento che sta per aprire i battenti, con il suo fittissimo calendario di presentazioni, incontri, confronti, e del quale avremo modo di scrivere nei prossimi numeri di Pisanotizie con approfondite corrispondenze, è il tema che il Pisa Book Festival sottende a meritare un’immediata attenzione. La piccola e media editoria, laboratorio d’elezione di ciò che di nuovo arriva sul mercato delle lettere, alveo dal quale molto spesso provengono le leve di un modo inedito di intendere la letteratura, sede prediletta dei linguaggi emergenti. Molto spesso, ma non sempre.

Chi è un frequentatore abituale del Pisa Book Festival saprà già quanto il contatto diretto con le realtà emergenti dell’editoria nazionale sia uno dei meriti oggettivi dell’inizaitiva che, forse unica in Italia, riesce a esprimere un panorama completo di quello che è, in termini di numeri e di identità, questa branca fondamentale dell’industria letteraria.

Ne abbiamo parlato con uno degli ospiti d’onore di questa settima edizione, Luca Ricci autore di “Come scrivere un best seller in 57 giorni”, per la collana “Contromano” dell’editore Laterza, che verrà presentato in anteprima domenica 11, con un intervento di Matteo Pellitti. Come si legge nella nota che accompagna la scheda del testo, l’ultimo lavoro del pisano Luca Ricci è “una favola nera, cattiva e rigorosamente per adulti”, nonché “un apologo su ciò che la letteratura sta diventando, sul suo potere ma anche sulla sua attualissima impotenza”. E su quest’ultimo passaggio abbiamo tentato un approfondimento con l’autore del già celebre “La persecuzione del rigorista”.

Per il tuo ultimo libro si parla di “controromanzo”. Mi sembra una categoria che riguarda più da vicino l’industria letteraria, piuttosto che un genere vero e proprio.

Non esiste una definizione univoca per Controromanzo. E’ tutto ciò che è contrario al romanzo, inteso come prodotto socialmente decodificato, consolatorio, borghese. E’ un modo per avvertire il lettore di “Come scrivere un best seller in 57 giorni”: avete tra le mani una storia un po’ burlesca ma anche barricadera.

Oltremodo significativo il fatto che la “finzione” di una lezione di stile provenga da un’artista come te. Con i tuoi racconti brevi, all’esordio della tua attività di scrittore, hai dimostrato come fosse possibile includere nella breve quantità di poche pagine un intero universo di senso. Azione a dir poco “eversiva” in tempi in cui l’ossessione della “narrazione” investe (e ingombra) di sé il mercato editoriale.

Sì, a un certo punto il libro prende una piega educativa, o diseducativa, a seconda dei punti di vista. Diventa una specie di vademecum per aspiranti bestselleristi. L’ironia – il tragico, visto che la risata nasce sempre da un tentativo di esorcizzare una paura – è che quei consigli sono giusti, possono essere presi alla lettera. Chi scrive ha sempre questa posizione privilegiata e sbilenca sulla realtà: la denuncia pur facendone parte. Poi, il tormentone di scrivere un best seller in 57 giorni è ovviamente una provocazione. Del resto il tempo è sempre relativo. William Faulkner impiegò soltanto tre settimane per scrivere “Mentre morivo”.

Non di meno opere più estese, come “La persecuzione del rigorista”, dimostrano che l’obbligo versi certi passaggi dell’industria libraria, riguardanti soprattutto le scelte di stile e di contenuto, posso godere di una qualità “altra”. Insomma, Luca Ricci non è uno scrittore “consueto”, direttamente assimilabile al resto del mondo editoriale nazionale, eppure rappresenta, insieme a pochi altri, quella diversità che, felicemente, minaccia l’imperante conformismo letterario.

Abbiamo vita dura. L’industria editoriale ci butta dentro al tritacarne, ma poi per tutti valgono gli stessi parametri: copie vendute e fatturato dell’editore. Quando lo capisci fa capolino la seguente domanda: continuo a scrivere secondo coscienza (e urgenza) oppure mi metto a pianificare?

A tuo avviso, qual è lo stato di salute dell’industria letteraria in Italia?

Così a prima vista, si pubblica di tutto. Sembrerebbe un mondo in cui le strade sono ancora tutte percorribili. Però, dall’interno, ci si accorge che ci sono libri che vengono soltanto pubblicati e libri che vengono spinti. Una bella differenza. C’è una parte del catalogo di ogni casa editrice che vive per inerzia, per nulla aiutato nel compito gravoso di trovare lettori.

La piccola e media editoria si candidano sempre più a diventare il “laboratorio d’eccellenza” della produzione letteraria. Ma è vero che i grandi editori hanno dimenticato (più o meno consapevolmente) la loro necessaria funzione culturale?

La piccola editoria è nobile solo se si pone come effettiva alternativa. Troppo spesso invece ricalca in tono minore le dinamiche dei grossi gruppi. Ad esempio la politica sugli esordienti: tanti non possono permettersi di pubblicare altro. E i grandi editori troppo spesso non danno il buon esempio…

La lotta per confermare, da scrittori, la propria autenticità è persa in partenza o una resistenza è possibile?

La chiudiamo con una battuta? Resistere è possibile, basta rimanere inediti.

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Pisa: Book Festival (o meglio Festa del Libro) 2009ultima modifica: 2009-10-09T16:54:32+02:00da minobezzi1
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