Castelnuovo Garfaagnana (LU): Mario Spezi

Nazareno Giusti per loschermo

Mario Spezi, classe 1945, giornalista di razza, esperto dell’inquietante e intricata vicenda del mostro di Firenze, sabato pomeriggio è stato ospite della manifestazione letteraria “Garfagnana in Giallo” condotta da Andrea Giannasi e da Giuseppe Previti di “Giallo Pistoia”.

Spezi, una vita dedicata al giornalismo, partendo giovanissimo su “Paese Sera” per passare poi a “La Nazione”, dice di essere pigro: “La mia più grande attività è osservare, perchè, come diceva Bukowski, il più grande spettacolo del mondo è la gente. E non si paga nemmeno il biglietto”.

Quando ha iniziato lui erano “altri tempi”,  tempi in cui il mestiere di cronista giudiziario si faceva diversamente, violando il segreto istruttorio. Tempi in cui si andava alla ricerca della notizia. Un giornalismo onesto, antico. “Poi una ventina di anni fa la situazione è completamente cambiata, ci dissero, in Magistratura: perchè dovete vivere come cani, venite qua alle 11 e le notizie ve le diamo noi”.

Anche i processi erano diversi: “non come oggi che sappiamo quando iniziano ma non quando finiranno. Il tribunale era il luogo teatrale per eccellenza”.

Spezi è molto critico sulla direzione che sta prendendo questo lavoro: “Oggi il giornalista non ha più copertura legale da parte del giornale. Una cosa molto grave”. Per non parlare della televisione che, in particolare di quella di Stato,  “riempie il tempo con notizie non politiche, una televisione schiava dell’audience, infatti non la guardo più”.

Non si meraviglia dell’attenzione morbosa che ha il pubblico riguardo ai fatti di cronaca nera. “È sempre stato così le sue più alte tirature La Nazione le ha avute con il Mostro. Solo noi, però, diamo così ampio spazio alla nera. In Francia per esempio non è così. Bisogna, però, anche ricordare che per venti anni, durante il fascismo, era vietato scrivere di fatti di nera, è stata quindi un reazione naturale dopo la guerra, questa curiosità verso misteri e delitti basti ricordare il caso di Rina Fort.”

Il discorso, poi, non può che finire sul “mostro di Firenze”. Era il giugno 1981 quando un collega gli chiese di sostituirlo, in redazione, dicendogli “Tanto, a Firenze, di domenica mattina, non succede niente!”

“Verso l’ora di pranzo feci un giro in questura dove il capo della mobile aveva da poco ricevuto la notizia del ritrovamento di due cadaveri in una stradina di campagna vicino a Scandicci. Poco dopo fu arrestato un guardone professionista. Lo difesi e infatti mentre era in carcere avvenne un’altro delitto”.

Da quel momento è divenuto “il mostrologo” anche se ricorda, giustamente, che durante la sua lunga carriera ha fatto inchieste sul terrorismo nero, rosso, sul Caso Calvi e molti altri “misteri italiani”.

“Ho conosciuto tanti criminali, personaggi, a loro modo, tristemente interessanti. Persone che raccontavano i loro delitti con una naturalezza, come se bevessero un bicchier d’acqua. Gente che se uno ci scrivesse un romanzo sembrerebbero poco credibili”.

Propio per questo forse ha deciso di scrivere, insieme al famoso romanziere americano Douglas Preston, il libro “Dolci colline di sangue” una “non fiction novel” cioè un romanzo che si ispira a fatti reali. “Avendo seguito il caso del mostro dall’inizio avevo una straordinaria documentazione allora, insieme, a Douglas, abbiamo scritto questo libro. Un romanzo che parte dalla storia vera. In teatro esiste il quarto muro che sarebbe quello invisibile che divide gli attori sul palco dagli spettatori che attraverso di esso lasciano stare la realtà e si immedesimano nello spettacolo. Qualcuno, nel caso di ‘Dolci colline di sangue’ ha fatto cadere il quarto muro.”

Infatti, il 7 aprile 2006, è stato arrestato su ordine della procura di Perugia con l’accusa di depistaggio all’indagine sui delitti del mostro, ed è rimasto in prigione per 23 giorni prima che la Corte di Cassazione lo scagionasse completamente, definendo il suo arresto come privo di fondamento. “Nel mondo anglosassone il mio arresto ha subito suscitato grande scandalo anche perchè avveniva in concomitanza con l’uscita del mio romanzo. In Italia ci sono voluti 12 giorni prima che un quotidiano facesse un appello”. Quei suoi 23 giorni “ospite dello Stato” li ha raccontati nel libro “Inviato di Galera”.

E proprio nel solco della non fiction novel, durante l’incontro garfagnino, ha anche rivelato che sta lavorando a un nuovo giallo, una storia di provincia che fece molto parlare un po’ di anni fa, si tratta della vicenda della “Circe della Versilia”, al secolo Maria Luigia Redoli.

“Penso che la realtà offre sempre qualcosa di più che supera anche l’immaginazione più fervida. Anche se uno inventa sempre perché sceglie cosa e come raccontare”.

Oltre che pigro si dice pure cialtrone. Infatti il suo “amico americano” Preston si alza alle sei, va a fare una passeggiata nei boschi di betulle arriva all’oceano e alle sette è già al tavolo di lavoro. “Io invece la mattina devo dormire, poi nel pomeriggio inizio a ingranare ma è alla sera il momento in cui lavoro meglio, chiuso nella mia stanzetta, senza cellulare, scrivo al pc anche se rimpiango la scrittura a mano: era più riflessiva. Quando devo incominciare un libro faccio solo una breve scaletta e poi cerco di scrivere tutti i giorni sennò si perde il ritmo. Mentre scrivo ho bisogno di una musica di sottofondo e a seconda di che voglio raccontare la musica cambia, spesso ascolto Bach“.

E chi sa quale sinfonia ascolterà mentre lavorerà alla nuova avventura del suo nuovo personaggio: il commissario Lupo Belacqua.

Capo della squadra mobile di Firenze,  romano, politicamen­te scorretto, talvolta voluta­mente cafone, incarna tutti i topoi del poliziotto dassalto. Disincantato, con moglie ano­ressica e figlie femmine a ca­rico. Il suo lavoro, che sarebbe quello di dividere il bene dal male, sta diventando sempre più difficile.

“Quando iniziai a pensare a questo personaggio decisi di chiamarlo Lupo, perchè è un animale selvatico che incute mistero e paura, però non riuscivo a trovare il cognome giusto. Scrissi al mio amico Douglas che pochi giorni dopo mi rispose con una mail in cui c’era scritto ‘Belacqua. Era quello giusto, suonava benissimo e non era un cognome a caso. Infatti, era quello di un personaggio (un pigro esistenziale) di un racconto minore di Joyce che aveva a sua volta preso in prestito il nome da un personagggio del Purgatorio dantesco”.

“Il mio editore mi ha detto che Lupo è il commissario più maleducato di tutta la letteratura gialla. In effetti è un personaggio politicamente scorretto e  io attraverso di lui posso dire certe cose  che in altre situazioni non  potrei dire. Nel nuovo romanzo, infatti, si mette contro tutti e finisce in galera”.

Castelnuovo Garfaagnana (LU): Mario Speziultima modifica: 2010-11-22T09:25:24+01:00da minobezzi1
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