Grosseto: La lana di pecora

Recuperare la lana dalla tosatura delle 220mila pecore allevate in provincia di Grosseto per destinarla in parte alla realizzazione di capi d’abbigliamento tradizionali, e il resto alla produzione di pannelli termoisolanti per la bioedilizia. E’ in parole povere l’obiettivo del progetto Med-Laine, presentato in una conferenza stampa dal presidente Marras al “Salone del gusto” di Torino, organizzato da Slow-food. L’iniziativa è finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale nell’ambito del “Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Francia Marittimo”, e coinvolge, oltre alla Provincia di Grosseto, Cnr Ibimet, le province di Sassari e del Medio Campidano in Sardegna, la provincia del Nord della Corsica con la Chambre de Métiers et de l’Artisanat de la Haute Corse.
“Questo progetto di ricerca e innovazione sull’utilizzo dei prodotti agricoli no food – spiega il presidente della Provincia di Grosseto, Leonardo Marras – è un’opportunità interessante per i nostri allevatori di ovini, perché può dare vita ad una filiera originale, che consente di recuperare la lana della tosatura, che oggi è semplicemente un ’rifiuto speciale’, contribuendo ad integrare il reddito delle aziende agricole in un momento di grande difficoltà per il settore primario.
La sperimentazione per la messa a punto di prototipi di filati da destinare ai prodotti sartoriali tradizionali e di pannelli termoisolanti per la bioedilizia, sta dimostrando che è possibile promuovere azioni innovative applicate alle microimprese dell’agricoltura, dell’artigianato e del turismo sostenibile, migliorandone produzione e commercializzazione dei prodotti di qualità”. “Da questa sperimentazione – sottolinea l’assessore alle politiche giovanili e cooperazione internazionale, Tiziana Tenuzzo – possono svilupparsi nuove imprese costituite da donne o giovani, aprendo nuove prospettive in settori produttivi tradizionali”.
Ma cosa si sta sperimentando in concreto? Per quanto riguarda la produzione di abiti tradizionali ispirati al design di indumenti da lavoro, sono coinvolti due aziende artigiane del comparto sartoriale e una quindicina di allevamenti ovi-caprini. L’ipotesi è di utilizzare la lana recuperata dalle razze autoctone (pecora appenninica Igp, 50.000 capi, e pecora amiatina 1.000 capi) mischiandola al 50% con lana di pecora di razza sarda (più ispida), per ottenerne tessuti mediamente morbidi da destinare alla produzione di capi sartoriali. Per la tintura delle stoffe, inoltre, si sta sperimentando l’utilizzo di essenze tintorie naturali ricavate ad esempio da melograne, zafferano, dafne, elicriso, robbia e reseda. L’Università, invece, sta valutando modelli di marketing dei prodotti di sartoria in collaborazione con agriturismi e punti vendita specializzati. Infine, si stanno verificando le modalità di utilizzo degli scarti di lavorazione della lana per realizzare pannelli termici e materiali isolanti destinati al ciclo produttivo della bioedilizia. Ad oggi la lana delle pecore da latte è considerata un rifiuto speciale, che viene pagato 50 centesimi al chilo. Considerato che in media da una pecora si ricava un chilo e mezzo di lana, dalle 220.000 pecore allevate in provincia di Grosseto ogni anno vengono prodotte 330 tonnellate di lana grezza che potrebbero essere utilizzate come materia prima.
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Grosseto: La lana di pecoraultima modifica: 2010-10-23T16:05:00+02:00da minobezzi1
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